Citazione

venerdì 18 dicembre 2009

c'era una volta...

... un’osteria di quartiere, vicino piazza Mazzini a Roma che si chiamava Cacio e Pepe. In quest’osteriola volevo andarci da tempo, tanto tempo. Dopo anni finalmente sono riuscito a metterci piede.

Si comincia con la scelta del tavolo. Dentro o fuori? Fuori ci sono un po’ di tavoli, un tendone e quei funghi a gas per fare calore... “volete stare fuori o dentro” “beh, visto il freddo preferiamo dentro...”. Dentro ci sono 3 tavoli, spazi angusti, puzza di cucina e gas ma soprattutto un freddo pinguino, ma freddo freddo, roba che ti si blocca la digestione e muori. Ormai è fatta. Che volete da mangiare? Abbiamo questo, questo e quest’altro. Ok, portaci questo e quest’altro. Che poi questo sarebbe un piatto di fusilli ai carciofi, funghi e pancetta (anche se a Roma sarebbe più appropriato il guanciale...) e quest’altro è un piatto di spaghetti cacio e pepe.

Tempo 2 minuti e mi viene recapitato il piatto di fusilli. Di ieri. Riscaldati male, molto male, e con 3 chili di formaggio sopra. Duri e tiepidini ma saporiti. Mangio. 15 minuti dopo arriva la pasta cacio e pepe. Buona. Anche se le porzioni non sono proprio da osteria di quartiere quanto da locale per fighetti abituati ai 4 salti in padella findus e che vogliono provare l’ebbrezza della cucina popolare. Provo ad aggiungere una patata forno. Arriva un triste e scarso piattino di patate ricotte e pregne di olio di basso lignaggio. 

Permettetemi una parentesi per stigmatizzare la pessima abitudine di servire la pasta già formaggiata, segnatevelo, c’è un unico motivo per cui questo viene fatto: coprire il sapore di qualcosa che giace in quel piatto (o in qualche anfratto della dispensa... o sul pavimento della cucina) da troppo tempo. E poi a me il formaggio sulla pasta nemmeno piace e mi fa pure male.

Comunque, nel frattempo entrano una coppia di fastidiosi pariolini dicendo “no no, andiamo fuori che è più caldo” e la cameriera “sissì, lo sappiamo anche noi CHE FUORI E’ PIU’ CALDO, anche se NON DICIAMO MAI NIENTE”. 

Non descrivo il teatrino pietoso che si è messo in moto nel momento in cui abbiamo richiesto e preteso la ricevuta... Anzi, se c’è qualche finanziere o amico di finanziere in ascolto, vada pure a colpo sicuro, è una soffiata certa!

Io non sono uno di quelli che fanno casino nei locali. Quei personaggi infausti che s’incazzano coi camerieri e fanno scenate con l’unico risultato di mangiarsi le scorie ligneo fisiologiche del cuoco (perché, sappiatelo, è così che finisce ogni diatriba con un ristoratore) mi stanno pure un po’ antipatici. Sapete quelli tipo “cameriere, io ho chiesto una pizza col pomodoro, questa è una pizza col sugo” o quelli “cameriere, questo filetto non è cotto bene, vede, qui è color carne, a me la carne fa schifo, io lo voglio CARBONIZZATO”.

Io abbozzo, riduco il menù all’indispensabile. Non do la mancia. Pretendo lo scontrino e me ne vado meditando di dare fuoco al ristorante e poi mi limito a parlarne male. Eh, si! Mi fai mangiare immondizia fritta, ma io quante te ne dico! E faccio anche di peggio, sapete? Già. Non mi faccio più rivedere, io!

Insomma, bocciato, fortissimamente bocciato. E guai a voi se provate ad invitarmici o a metterci piede se non per una cena proletaria.

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