Citazione

mercoledì 23 dicembre 2009

mah


Dite che sono troppo aristocratico, dite che sono troppo contadino, dite che sono troppo stronzo (curioso, ho cercato dei sinonimi di stronzo e non ne trovo di decenti), ma a questo punto della mia vita non m’interessa più di un sacco di cose, non m’interessa più di un sacco di persone, non m’interessa più di un sacco di opinioni. Ad esempio l’ammirazione dei superiori è proprio qualcosa che non mi riguarda più. È strano, attorno a me vedo gente che venderebbe la madre pur di ottenere quel minimo di considerazione da parte del proprio capo. Alcuni la madre, povera lei, l’hanno effettivamente venduta (dopo la dignità, la faccia, la vergogna e almeno un paio d’orifizi non resta effettivamente che la mamma).

Mi piacerebbe aver studiato psicologia per capire cosa può passare nella testa di una persona per spingerla ad umiliarsi così tanto da iniziare a guardare il proprio superiore con gli occhi a forma di cuore. In molti casi andiamo spesso ben oltre alla stima umana e/o professionale, si approda infatti alla baia del più profondo servilismo. Attenzione, non confondere mai servilismo con leccaculismo. I leccaculo sono personaggi con tanto pelo sullo stomaco che calcolano vantaggi e svantaggi sporcandosi il meno possibile. Il leccaculo è intelligente, scaltro e privo di dignità. Il servo è stupido e si sporca fino al più profondo svilimento umano (e professionale) conservando, e questo è curioso, un’altissima stima di sé stesso e del proprio oggetto di culto.

Ecco, io questi proprio non li capisco. Sarà che sono troppo aristocratico, contadino o stronzo.

lunedì 21 dicembre 2009

abominio!


E' una cosa un po' vecchia... ma fa sempre ridere:

Tempo fa un NOTO RELIGIOSO, dalle onde radio di Radio Maria, ha risposto ad un ascoltatore che l'OMOSESSUALITA' E' UN ABOMINIO, perché a dirlo è la BIBBIA (Levetico, 18,22).

Un ABOMINIO CHE NON PUO' ESSERE TOLLERATO IN NESSUN CASO.

10 giorni fa quello stesso ascoltatore ha scritto questa lettera al NOTO RELIGIOSO...

Caro sacerdote, le scrivo per ringraziarla del suo lavoro educativo sulle leggi del Signore.
Ho imparato davvero molto dal suo programma, e ho cercato di condividere tale conoscenza con più persone possibile.
Adesso, quando qualcuno tenta di difendere lo stile di vita omosessuale, gli ricordo semplicemente che nel Levitico 18:22 si afferma che ciò è un abominio.
Fine della discussione.
Però, avrei bisogno di alcun consigli da lei, a riguardo di altre leggi specifiche e come applicarle.

Vorrei vendere mia figlia come schiava, come prevede Esodo 21:7. Quale pensa sarebbe un buon prezzo di vendita?

Quando do fuoco ad un toro sull’altare sacrificale, so dalle scritture che ciò produce un piacevole profumo per il Signore (Levitico 1.9). Il problema è con i miei vicini. Quei blasfemi sostengono che l’ odore non è piacevole per loro. Devo forse percuoterli?

So che posso avere contatti con una donna quando non ha le mestruazioni (Levitico 15:19-24). Il problema è: come faccio a chiederle se ce le ha oppure no? Molte donne s’offendono.

Levitico 25:44 afferma che potrei possedere degli schiavi, sia maschi che femmine, a patto che essi siano acquistati in nazioni straniere. Un mio amico afferma che questo si può fare con i filippini, ma non con i francesi. Può farmi capire meglio? Perché non posso possedere schiavi francesi?

Un mio vicino insiste per lavorare di sabato. Esodo 35:2 dice chiaramente che dovrebbe essere messo a morte. Sono moralmente obbligato ad ucciderlo personalmente?

Un mio amico ha la sensazione che anche se mangiare crostacei è un abominio (Levitico 11:10), lo è meno dell’omosessualità. Non sono d’accordo. Può illuminarci sulla questione?

Levitico 21:20 afferma che non posso avvicinarmi all’ altare di Dio se ho difetti di vista. Devo effettivamente ammettere che uso occhiali per leggere. La mia vista deve per forza essere 10 decimi o c’è qualche scappatoia alla questione?

Molti dei miei amici maschi usano rasarsi i capelli, compresi quelli vicino alle tempie, anche se questo è espressamente vietato dalla Bibbia (Levitico 19:27). In che modo devono esser messi a morte?

In Levitico 11:6-8 viene detto che toccare la pelle di maiale morto rende impuri. Per giocare a pallone debbo quindi indossare dei guanti?

Mio zio possiede una fattoria. E’ andato contro Levitico 19:19, poiché ha piantato due diversi tipi di ortaggi nello stesso campo; anche sua moglie ha violato lo stesso passo, perché usa indossare vesti di due tipi diversi di tessuto (cotone/acrilico). Non solo: mio zio bestemmia a tutto andare. È proprio necessario che mi prenda la briga di radunare tutti gli abitanti della città per lapidarli come prescrivono le scritture? Non potrei, più semplicemente, dargli fuoco mentre dormono, come simpaticamente consiglia Levitico 20:14 per le persone che giacciono con consanguinei?

So che Lei ha studiato approfonditamente questi argomenti, per cui sono sicuro che potrà rispondermi a queste semplici domande.
Nell’occasione, la ringrazio ancora per ricordare a tutti noi che i comandamenti sono eterni e immutabili.
Sempre suo ammiratore devoto.”

venerdì 18 dicembre 2009

c'era una volta...

... un’osteria di quartiere, vicino piazza Mazzini a Roma che si chiamava Cacio e Pepe. In quest’osteriola volevo andarci da tempo, tanto tempo. Dopo anni finalmente sono riuscito a metterci piede.

Si comincia con la scelta del tavolo. Dentro o fuori? Fuori ci sono un po’ di tavoli, un tendone e quei funghi a gas per fare calore... “volete stare fuori o dentro” “beh, visto il freddo preferiamo dentro...”. Dentro ci sono 3 tavoli, spazi angusti, puzza di cucina e gas ma soprattutto un freddo pinguino, ma freddo freddo, roba che ti si blocca la digestione e muori. Ormai è fatta. Che volete da mangiare? Abbiamo questo, questo e quest’altro. Ok, portaci questo e quest’altro. Che poi questo sarebbe un piatto di fusilli ai carciofi, funghi e pancetta (anche se a Roma sarebbe più appropriato il guanciale...) e quest’altro è un piatto di spaghetti cacio e pepe.

Tempo 2 minuti e mi viene recapitato il piatto di fusilli. Di ieri. Riscaldati male, molto male, e con 3 chili di formaggio sopra. Duri e tiepidini ma saporiti. Mangio. 15 minuti dopo arriva la pasta cacio e pepe. Buona. Anche se le porzioni non sono proprio da osteria di quartiere quanto da locale per fighetti abituati ai 4 salti in padella findus e che vogliono provare l’ebbrezza della cucina popolare. Provo ad aggiungere una patata forno. Arriva un triste e scarso piattino di patate ricotte e pregne di olio di basso lignaggio. 

Permettetemi una parentesi per stigmatizzare la pessima abitudine di servire la pasta già formaggiata, segnatevelo, c’è un unico motivo per cui questo viene fatto: coprire il sapore di qualcosa che giace in quel piatto (o in qualche anfratto della dispensa... o sul pavimento della cucina) da troppo tempo. E poi a me il formaggio sulla pasta nemmeno piace e mi fa pure male.

Comunque, nel frattempo entrano una coppia di fastidiosi pariolini dicendo “no no, andiamo fuori che è più caldo” e la cameriera “sissì, lo sappiamo anche noi CHE FUORI E’ PIU’ CALDO, anche se NON DICIAMO MAI NIENTE”. 

Non descrivo il teatrino pietoso che si è messo in moto nel momento in cui abbiamo richiesto e preteso la ricevuta... Anzi, se c’è qualche finanziere o amico di finanziere in ascolto, vada pure a colpo sicuro, è una soffiata certa!

Io non sono uno di quelli che fanno casino nei locali. Quei personaggi infausti che s’incazzano coi camerieri e fanno scenate con l’unico risultato di mangiarsi le scorie ligneo fisiologiche del cuoco (perché, sappiatelo, è così che finisce ogni diatriba con un ristoratore) mi stanno pure un po’ antipatici. Sapete quelli tipo “cameriere, io ho chiesto una pizza col pomodoro, questa è una pizza col sugo” o quelli “cameriere, questo filetto non è cotto bene, vede, qui è color carne, a me la carne fa schifo, io lo voglio CARBONIZZATO”.

Io abbozzo, riduco il menù all’indispensabile. Non do la mancia. Pretendo lo scontrino e me ne vado meditando di dare fuoco al ristorante e poi mi limito a parlarne male. Eh, si! Mi fai mangiare immondizia fritta, ma io quante te ne dico! E faccio anche di peggio, sapete? Già. Non mi faccio più rivedere, io!

Insomma, bocciato, fortissimamente bocciato. E guai a voi se provate ad invitarmici o a metterci piede se non per una cena proletaria.

lunedì 23 novembre 2009

real life adventures



Vi è mai capitato di dover togliere un termosifone? A casa Rumenta succede anche di questo.


Avevamo deciso di toglierlo nella seconda metà di ottobre, prima che accendessero i riscaldamenti.

A sorpresa, il 15 di ottobre, scopriamo il radiatore caldo. Veniamo quindi a sapere che le vecchie del pianterreno, notoriamente rettili e incapacitate a sopportare temperature anche di poco inferiori ai 30 gradi centigradi, hanno fatto girare un foglio ESCLUSIVAMENTE (e di nascosto da figli, badanti, nipoti e animali domestici) fra i condomini ottuagenari per raccoglierne le firme. Il foglio così autografato è stato poi utilizzato per richiedere l’accensione anticipata dell’impianto di riscaldamento.

Poco male, mi fa sapere il Valoroso Amministratore di Condominio (di seguito VAC), basta dirmelo e io, per un giorno e con la sola imposizione delle mani, faccio staccare il riscaldamento. Ok. Ci mettiamo d’accordo con l’idraulico che ci fissa il giorno dell’intervento. Si chiama il VAC e ci sono problemi. Per staccare la caldaia non basta l’imposizione delle sue mani ma occorre chiamare un’Apposita Ditta (di seguito AD) che, dietro pagamento, si occuperà di spegnere la caldaia, svuotare l’impianto (appena 4, dico QUATTRO, ore richieste) e poi, a lavori finiti di riattaccare tutto. “Voi” dice “preoccupatevi solo di avvertire, tramite cortese cartello in androne, i condomini, per il resto ci penso io”.

Prepariamo il tutto. Un gustoso cartello di avviso fiananco dotato di simpatico (e cortese) cestino pieno di caramelle e dolci. Arriva il giorno fatidico. L’AD doveva arrivare fra le 7.30 e le 8. L’idraulico alle 10 per iniziare a spaccare il muro e staccare il termosifone alle 12, ad impianto vuoto. L’AD si paleserà, dopo diverse chiamate di sollecito al VAC, solo alle 10, cinque minuti prima dell’arrivo dell’idraulico. L’idraulico si incupisce, passa 30 minuti a spaccarci il muro e poi se ne va offeso dichiarando che sarebbe tornato alle 15 per finire il lavoro.

Ora state attenti, perché la trama si fa più avvincente di quella di un videogioco, altro che Tomb Rider, Alone In The Dark e Monkey’s Island.

Per superare con successo l’operazione “spegni la caldaia” basta premere un pulsante. Fatto.
Per superare con successo l’operazione “svuota la caldaia” basta premere un altro pulsante. Fatto.
Per verificare che l’operazione stia avvenendo con successo e che la caldaia sia davvero spenta occorre accedere a un non meglio precisato vano sito nella terrazza condominiale. L’accesso a suddetto vano è impedito da una porta. Chi ha la chiave della porta?

1. Tutti i condomini.
2. Solo il VAC.
3. Nessuno.
4. La porta è un effetto ottico dovuto a una percezione parallattica errata.
5. La domanda è mal posta.
6. Non sa, non risponde.
7. Nessuna delle risposte precedenti.

È poco importante cosa scegliereste voi, l’Omino della Caldaia (di seguito OC) sceglie la 7. Come una provetta Lara Croft si lancia all’esplorazione e trova, nel vano caldaie del pian terreno, la chiave. A questo punto salva il gioco. Manda un paio di mail in giro per bullarsi con gli amici e scompare al grido “E’ tutto a posto”.

Quattro ore dopo si rimaterializza l’OC. “Mi è venuto un dubbio... non è che la caldaia si è riattivata?”. So che state pensando. Avete in mente un pensiero tipo: “che cazzo di super professionista che hai trovato!”. Orbene, l’OC va ad indagare... e scopre che, in effetti, il suo sospetto è fondato, la caldaia, dopo essersi svuotata si sta riempiendo nuovamente!

Cos’è successo? Torniamo a Lara Croft che rinviene la chiave. Ci siete? Succedeva poche righe fa.
L’OC trova la chiave, sale fremente i cinque piani di scale, infila la chiave nella toppa e scopre, orrore, che la chiave non è quella giusta. Cos’è successo? Mesi fa il VAC aveva fatto sostituire la serratura e, attenzione, non aveva pensato si distribuire dei duplicati o, per lo meno, a sostituire la chiave poi rinvenuta dall’OC.

E che cosa fa l’OC? Fa spallucce e pensa “vabè, tanto che può succedere?”. E va via.

Inizia una ricerca frenetica della chiave. Il VAC, come da tradizione, scompare, è irreperibile, nascosto nel più profondo buco sotterraneo. Chi altri può avere la chiave? Sicuramente quello dell’ultimo piano. Si suona alla porta, si citofona, si risuona alla porta, si citofona. Niente. Niente. Niente. 

Le speranze sono perse, sapendo che la moglie del tipo dell’ultimo piano deve per forza essere in casa, si ricomincia ad insistere sul citofono. A un certo punto, il portone viene aperto... Si va a bussare alla porta di casa. Minuti. Ad un certo punto la più che rincoglionita donna apre la porta. Tentenna. Non vuole cedere la chiave. Fa domande capziose circa la necessità tecnica di accedere ora e in quel momento a un vano caldaie che, a detta sua, è inesistente. Alla fine molla l’osso.

Ora ci sono due buchi grossi così nel muro della cucina.

venerdì 20 novembre 2009

suicide solution


Non vorrei essere ripetitivo, ma qui abbiamo dei carabinieri che filmano e ricattano, un pappone che muore di overdose e un travestito testimone importante che curiosamente muore carbonizzato.

Non grido al complotto perché di sicuro Brendona è morta per:

1. Incidente domestico: pulire i vetri con lo spirito e la sigaretta in bocca non è un’idea geniale;
2. Dramma della solitudine: si addormenta gonfia di alcol con la sigaretta in bocca sul suo bel letto di paglia;
3. Enigma scientifico: autocombustione;
4. Dramma della povertà: una scintilla dello zampirone con cui scaldava è finita sui giornali usati per ripararsi dal freddo;
5. Protesta pro Tibet: si è cosparsa di benzina e si è data volontariamente fuoco;
6. Punizione divina: era del colore sbagliato, di sesso incerto e conduceva una vita lasciva trascinando sulla strada delle perdizione anime innocenti come Marrazzo.

Insomma, prima di pensare che l’abbiano suicidata ce n’è di ipotesi da vagliare.

martedì 17 novembre 2009

miracoli


La notizia del giorno è che buona parte dell’8x1000 destinata allo Stato è finita ai preti. I lettori affezionati di questo inutilissimo blog già avevano letto qualcosa in proposito.

Tanto per mettere il dito nella piaga ricordo anche alcuni dettagli circa le agevolazioni di cui gode zi’ prete:

1. I fabbricati destinati in via esclusiva all’esercizio del culto e le relative pertinenze sono esenti dal pagamento dell’ICI (Imposta Comunale Sugli Immobili). Dal 2007 l’esenzione di estente anche a tutti gli altri immobili di proprietà della Chiesa purché una parte della struttura sia destinata ad attività religiose. In pratica se in un ostello gestito da monache c’è una cappella dedicata a Santa Pupa, l’ostello non paga l’ICI.

2. I preti non pagano l’IRPEF, ovvero, le retribuzioni, di qualsiasi natura, le pensioni e i TFR pagati dalla Chiesa (intesa sia come Santa Sede sia come ente centrale della Chiesa sia come ente gestito dalla Santa Sede) sono senti dall’Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche e dall’imposta locale sul reddito.

3. Lo stipendio dei sacerdoti della Chiesa Cattolica non costituisce base imponibile, in pratica non è conteggiato ai fini dell’IRAP (Imposta Regionale sulle Attività Produttive). Da notare che il TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi) prevede che gli enti religiosi, per determinare il proprio reddito d’impresa, deducano, per ogni membro prestante opera nell’attività commerciale imponibile, un importo corrispondente all’ammontare del limite minimo annuo previsto per le pensioni corrisposte dal Fondo pensioni dei lavoratori dell’Inps. Questo vuol dire che si pagano pochissime o niente tasse quando un albergo di proprietà della Chiesa è gestito da suore o preti.

4. Abbattimento del 50% dell’IRES (Imposta sul Reddito delle Società) nei confronti di una serie di soggetti tra cui gli enti di assistenza e beneficenza e gli altri enti il cui fine è equiparato per legge ai fini di assistenza ed istruzione. Il reddito dei fabbricati di proprietà della Santa Sede è esente dall’IRES, mentre i fabbricati destinati esclusivamente all’esercizio del culto e quelli esistenti nei cimiteri e loro pertinenze non vengono considerati produttivi di reddito, a prescindere dalla natura del soggetto che li possiede. Inoltre, gli immobili pontifici sono esenti da tributi sia ordinari che straordinari tanto verso lo Stato quanto verso qualsiasi altro ente.

5. A partire dal 1929, con la firma dei Patti Lateranensi, lo stato italiano si fa carico della dotazione di acqua per lo Stato Vaticano. Il gioco interessante arriva quando di mezzo ci si mettono le acque di scarico, perché Città del Vaticano si allaccia all’Acea, la società romana che gestisce le acque reflue, ma non paga le bollette, perché non riconosce la tassazione imposta da enti appartenenti a stati terzi. In soldoni, non riconosce Acea perché è “straniera”. Quando Acea si quota in borsa nel 1999 si trova a fare fronte nel bilancio a milioni di euro di crediti inesigibili, il Governo Italiano interviene e ripiana con la manovra finanziaria i 44 miliardi di lire di debiti relativi alla fornitura delle acque vaticane. Stessa storia nel 2004: lo Stato italiano tramite la finanziaria 2005 stanzia 25 milioni di euro subito e altri quattro dal 2005 per dotare il Vaticano di un sistema di acque proprie.

6. Le merci provenienti dall’estero e dirette alla Città del Vaticano o, fuori della medesima, a istituzioni o uffici della Santa Sede, ovunque situati, sono sempre ammesse da qualunque punto del confine italiano e in qualunque porto della Repubblica al transito per il territorio italiano con piena esenzione dai diritti doganali e daziari.

7. Ogni Regione, definendo l’entità ed i criteri di applicazione degli oneri di urbanizzazione che i Comuni devono adottare nel proprio territorio, attribuisce una percentuale di tali oneri per finanziare i centri di culto locali: ogni intervento di costruzione e di trasformazione edilizia da parte di cittadini o di gruppi societari, ad esempio la costruzione di una casa, è soggetta al pagamento di una tassa di concessione al Comune in cui tale intervento si svolge. Le opere di urbanizzazione secondaria ammettono scuole e asili, chiese, centri civici, parchi, impianti sportivi, parcheggi. Gli edifici di culto cattolico e gli oratori parrocchiali vengono quindi equiparati ad un servizio pubblico per i residenti, ricevendo una percentuale compresa all’incirca tra il 7% e il 10% degli oneri di urbanizzazione secondaria, a seconda dei regolamenti regionali.

martedì 10 novembre 2009

fate vobis


Cucchi è morto perché era DROGATO.
Cucchi è morto perché è CADUTO DALLE SCALE.
Cucchi è morto perché era ANORESSICO.
Cucchi è morto di FAME e di SETE.

Riassumendo, il tossico anoressico Cucchi prima è caduto per le scale e, non pago, da tante altre. Dopo essere caduto da tutte le scale del mondo, Cucchi arriva in ospedale dove, infame e traditore come ogni tossico, si fa morire di fame e sete alla faccia degli Englaro, dei Welby e di tutti i tetraplegici che vorrebbero lasciarsi morire di fame e non possono.

Direi che è perfetto. D’altronde chi mai può sospettare che sia stato malmenato dalle guardie? Le guardie sono quelle persone per bene che, ad esempio, hanno filmato e ricattato Marrazzo mentre giocava all’etilometro con Brendona e Natalì. Le guardie sono quelle persone che mi appoggiano il mitra al finestrino della macchina per controllarmi se ho patente e libretto in regola. Le guardie sono quelle personcine che dicono di non picchiare nessuno davanti ai detenuti ma in cantina. Le guardie sono quegli onesti lavoratori convinti che Federico Aldrovandi fosse uno spacciatore. Le guardie sono quei baluardi della democrazia e della pace protagonisti del macello messicano di Genova. Sempre le guardie sono quegli impavidi e perfettamente addestrati soggetti che sparano da un capo all’altro di un’autostrada beccando in testa uno che dormiva.

Mi chiedo, ma non è sufficiente ammettere che fra tanti onesti e bravi lavoratori ce ne siano una manciata affetti da sceriffite, rambismo e machismo e perseguirli a norma di legge?

Altrimenti venite a dimostrarmi che Cristo non è morto di freddo.

venerdì 16 ottobre 2009

brutte sorprese


Cinque anni di fidanzamento, una bella festa di matrimonio e una romantica crociera nel Mediterraneo. Sembrava filare tutto liscio per una giovane coppia di Caltanissetta, da pochi mesi trasferitasi a Roma per esigenze di lavoro. Lei, bionda venticinquenne, durante la luna di miele è pure rimasta incinta ma, nove mesi dopo, ha partorito un bambino nero. 
Il marito, che di anni ne ha 32 ed è dirigente di un’azienda romana, ha chiesto spiegazioni e la moglie, dopo qualche tentennamento, alla fine ha vuotato il sacco. Galeotta è stata la crociera perché la sposina, una sera, mentre il marito stava giocando al casinò, ha ceduto alle avance di un cameriere di colore. La donna, considerato che col marito ha avuto numerosi rapporti sessuali durante il viaggio di nozze, sperava che alla fine restasse incinta proprio del consorte. E invece ha prevalso il cameriere di colore. 
Fonte: Repubblica

Considerazioni:

1. la barzellatta della "moglie del tifoso" cela in sé una saggezza infinita;

2. l'uomo nero vince, sempre;

3. salto indietro o no, la legge di murphy ha colpito, inesorabilmente

Grazie a Penh!

mercoledì 14 ottobre 2009

complottismi estremi


Il 9 ottobre la NASA ha bombardato la Luna. Tale operazione che per molti suona un po’ ridicola era volta alla verifica della teoria che vuole la presenza di acqua ghiacciata nel sottosuolo del satellite.

Secondo alcuni, invece, si è trattato di un deliberato atto di guerra mosso dal neo Nobel per la pace Obama ai danni di una civiltà extraterrestre per imporre la sovranità USA.

Avete letto bene: “civilità extraterrestre”. A quanto pare (e io di questo non ne sapevo davvero niente) la luna è abitata. Ci sono tantissime prove fotografiche che testimoniano l’esistenza di manufatti alieni (edifici, torri, ponti, hangar) sul lato nascosto della Luna. A quanto pare anche molti astronauti si sono pronunciati al riguardo. Nessuno ne sa niente, tranne un ristretto manipolo di nerd internettiani che stanno in ogni modo cercando di avvertire l’ignaro mondo. 

Scrivono infatti dalle pagine del loro blog:
“Tutto questo non deve avvenire,gli USA stanno violando il trattato di Ginevra per i propri scopi e probabilmente scateneranno una reazione planetaria contraria oltre che sbilanciare paurosamente un equilibrio sottile tra l’uomo e la civiltà extraterrestre presente sulla luna che potrebbe sfociare in un conflitto cosmico”

Oltre al fatto che non credo che il trattato di Ginevra si estenda agli extraterrestri della Luna, mi piace questa storia dell’equilibrio sottile fra noi e loro.

Pensate! Una civiltà capace di muoversi oltre la velocità della luce ha paura di conquistare la terra, anzi, si fa mettere in scacco dalle bombe della Nasa. È un po’ come credere alla favola dell’orbo Mullah Omar che sfugge a tutto l’esercito americano a bordo di un motorino fra i monti Afgani, portandosi dietro pure Bin Laden e i suoi attrezzi per la dialisi.

Trovo le pagine di EvidenzAliena davvero eccezionali. Video di bassissima qualità, fotografie sgranate, sfocate, ingrandite oltre ogni decenze, tutto volto a dimostrare che non siamo soli.

In definitiva trovo molto naïf (forse financo commovente) che degli adulti siano sicuri che degli alieni, dopo aver percorso gozziliardi di anniluce, si siano nascosti nella LUNA e che le armi in possesso degli USA li stiano tenendo lontani dall'atterrare da noi.

La mente umana può davvero concepire qualsiasi cosa.

Si ringrazia Dario per la segnalazione

sabato 10 ottobre 2009

ipocrisia portami via


Ricordo giorno, luogo e ora. Era il 4 luglio del 1995, ero in macchina sul Grande raccordo anulare, erano le 7.35. Ed ero fermo. Traffico impazzito. Intorno a me solo automobili in coda, tutti in camicia e cravatta, telefonini in funzione. Un caldo insopportabile. Ho pensato: «Così non va». Un’ora e mezzo per andare in ufficio, schizzi di adrenalina nella gincana del traffico, poi dieci, dodici ore di lavoro e via, altri slalom, buche da evitare, incidenti sfiorati a ogni chilometro, per chiudere la giornata tardi, privo d’energia, per poi ricominciare domani, e ancora, per sempre.
Lo racconta Simone Perotti che oggi ha abbandonato tutto, scrive e gira il mondo in barca e ha pure scritto un libro raccontando questa storia di incredibile coraggio. Certo, ci vuole coraggio a cambiare la propria vita, ad abbandonare tutto, per seguire un ideale. Un salto nel vuoto. Penso a me, allo stipendio che è il prezzo non equo per 8-10 ore di vita regalate giornalmente a un Amministratore Delegato.

Quanti di voi, se fossero ricchi, farebbero il lavoro che fanno? Quanti di voi andrebbero volentieri a ritirarsi in campagna, o i barca, per ritagliarsi una vita a misura d'uomo? Io senz'altro, ma non posso permettermi di rinunciare allo stipendio. Lì per lì invidio un po' il Perotti, poi però scopro chi è, anzi, è lui stesso a raccontarlo in un articolo pubblicato oggi sul Fatto Quotidiano:
Ho fatto il consulente, poi il dirigente, poi il general manager italiano di una delle maggiori agenzie mondiali, poi di nuovo in aziende quotate: direttore affari istituzionali e relazioni esterne in compagnie italiane e multinazionali. Ho fatto lobbying in Parlamento, inventato slogan per prodotti, organizzato eventi con migliaia di persone, ho fatto campagne elettorali.
Fatemi capire, questo tipo, che si spaccia per un coraggioso eroe dei nostri giorni, uno di quelli con le palle di abbandonare una vita “moderna” per una a “misura d'uomo”, è uno ricco? È uno che poteva permetterselo? Sai che coraggio, davvero. Leggendo l'articolo, verrebbe ancora più spontaneo urlargli di andarsene a dare via qualche parte del corpo, scoprendo che non era altro che un fastidiosissimo yuppies tutto macchinone, soldi e vita veloce, ovvero la tipologia di persone che ha contribuito forse più di tutte le altre a rendere questo mondo e questa società la merda di mammuth pressata che abbiamo davanti agli occhi e sotto ai piedi.

E devo leggere il suo auto elogio? E devo sorbirmi la pippa che lui ha abbandonato tutto quello che aveva costruito e, invece di godersi il periodo d'oro (giuro, dice così), ha deciso di SACRIFICARE (si, leggete bene, SACRIFICARE) tutto per “la libertà”. E infine, mi devo anche sentir impartire la lezione che il problema non è il denaro, che se non cambio vita è perché la società attuale, oltre a fregarmi la dignità, m'ha anche fatto il lavaggio del cervello, che sono, in pratica, una scimmia spaziale pronta a essere sparata su Saturno e tecnicamente senza attributi. E me lo devo sentire dire da Simone Perotti. E mi sa che m'incazzo.

Poi fermo la rabbia, sorrido, penso a tutti i miei amici che stanno peggio di me, che lottano per sopravvivere e lo fanno con una dignità che Perotti non sa nemmeno dove stia di casa ed è solo a questo punto che guardo la foto di questo “eroe dei nostri giorni” (bello e fico al timone della sua barca, con uno di quei sorrisi che ti fanno venir voglia di prenderlo a sberle fino a fargli cadere tutti i capelli). E, proprio mentre sto per chiudere la pagina, l'occhio biricchino mi scivola sulla frase di chiusura dell'articolo: Io, uomo come tanti, lavorando duro, con fatica, l’ho fatto

E l'unico pensiero a prendere il sopravvento è: A Pero', te posso tocca'?

lunedì 28 settembre 2009

Baaria (Giuseppe Tornatore)


Ecco, possiamo darvi sangue e amore senza retorica, oppure sangue e retorica senza amore, o ancora tutte le tre cose insieme, o consecutivamente. Ma non possiamo darvi amore e retorica senza sangue, il sangue è indispensabile, è tutto sangue: ecco il trucco
(Capocomico, "Rosenkrantz e Guildestern sono morti")

Ho visto Baaria. Ho sempre considerato il cinema di Tornatore come la summa della retorica italica applicata alla celulloide, quindi per niente nuovo e per niente paradiso. Baaria non fa eccezione. Prevedibile excursus generazionale (quelle cose che vanno di gran moda da quel capolavoro che fu La Meglio Gioventù) che vorrebbe parlare dei cambiamenti di un luogo e di un popolo attraverso lo sguardo e le esperienze di un singolo individuo che inizia il film bambino e lo finisce coi capelli bianchi.

Dagli anni 40 ad oggi ce ne sarebbero di racconti, di domande, di spunti. Tornatore glissa su tutto, glissa sul fascismo, glissa sugli americani in Sicilia, glissa su Giuliano, glissa sui comunisti, glissa sulla mafia, glissa sul degrado, glissa sull’emigrazione, glissa sul clientelismo, glissa sui contadini. Il film sarebbe potuto essere ambientato in qualsiasi realtà rurale italiana senza una sola modifica al copione. Capiamo di essere in Sicilia dal dialetto e dal sole (meravigliosa la fotografia, questo si). Capiamo di essere a Bagheria dalla targa presso la stazione e dalle brevi inquadrature di Villa Palagonia, Tornatore quindi riesce a glissale non solo sulla Sicilia ma anche su Bagheria stessa... questo si chiama talento!

In finale, il mordente principale del film sono le comparsate di chiunque (Raoul Bova, Aldo, Faletti, Lo Cascio, Lo Verso, Lina Sastri, Frassica, Ficarra e Picone, Placido, Gullotta, Laura Chiatti e tanti altri fino ad arrivare a una tetta delle Bellucci).

Alla fine del film ci restano solamente un finale banale, melenso, patetico e ampolloso e tonnellate di amore, sangue e retorica che sotterrano tutti gli spunti presenti.

mercoledì 23 settembre 2009

Breaking News

È entrato nella chiesa dedicata alla Madonna di Lourdes, in pieno giorno, e ha dato sfogo ai propri bisogni corporali impellenti nel confessionale, scambiandolo probabilmente per una toilette. L’episodio, talmente increscioso da avere dell’incredibile, è accaduto sabato scorso, 12 settembre, alle 12.25 quando una persona, credendo di non esser vista, è entrata nell’edificio sacro per poi dirigersi verso il confessionale. 

Approfittando dell’assenza di persone all’interno della chiesa, ha cercato un luogo “appartato” per soddisfare i propri bisogni lontano da occhi indiscreti, pulendosi poi con la stola del prete che era stata appoggiata nelle vicinanze, vicina ad altri paramenti sacri. A qualche ora di distanza dall’accaduto è toccato al parroco fare l’amara scoperta, prima un sospetto nato da un odore strano che si era diffuso nella chiesa e poi la certezza.

Il personaggio però non ha fatto i conti con le telecamere della videosorveglianza. I quattro occhi elettronici puntati all’interno della chiesa per motivi di sicurezza, hanno ripreso quanto è accaduto, tanto che ci sarebbero già degli indizi sul responsabile dell’atto. 

A darne notizia ai fedeli è stato lo stesso parroco, don Lorenzo a conclusione della funzione domenicale dello scorso 13 settembre, alle 18.30, a qualche ora di distanza dal fattaccio. «In che brutto mondo viviamo», è stato l’unico commento che il religioso si è sentito di fare di fronte ai fedeli, dopo averli messi al corrente dell’accaduto. Un episodio che sconvolge i parrocchiani di Monticella e non solo che hanno sentito quanto accaduto e sul quale il parroco preferisce la linea del silenzio. 

Nelle registrazioni della videosorveglianza nella chiesa di via Immacolata di Lourdes, le immagini avrebbero già inchiodato il responsabile. «Sappiamo chi è stato», avrebbe detto il parroco ai fedeli.

Un episodio increscioso, tanto che in molti si sono scandalizzati e sono rimasti increduli bollando il gesto del vandalo come vilipendio ad un luogo sacro.
«Non abbiamo memoria che sia mai accaduto un fatto simile — commentano i parrocchiani ancora sconvolti — così grave per il significato del luogo dov’è avvenuto. Non è possibile tollerare fatti simili».



Un supermercato di Tesco a Bangor, Galles del Nord è stato accusato di discriminazione religiosa dopo aver espulso un Jedi dal loro negozio perché si rifiutava di rimuovere il cappuccio.

Il 23enne Daniel Jones, noto anche come Morda Hehol, ha fondato la Chiesa del Jedismo a Gennaio del 2008. Il Manuale del Jedismo afferma chiaramente che tutti i Jedi "devono indossare una cappa in qualsiasi luogo pubblico di fronte ad un largo pubblico; questo mostra il simbolismo della tua fede".

Morde Hehol si stava facendo i fatti suoi nel supermercato quando e' stato avvicinato da tre membri dello staff di Tesco che gli hanno ordinato di togliere il cappuccio che copriva la testa o lasciare il negozio. Anche quando il Jedi ha spiegato che la sua religione gli impone di indossare un cappuccio in pubblico i tre impiegati hanno semplicemente riso di lui e l'hanno cacciato dall'edificio.

In una dichiarazione consegnata alla stampa, Tesco si e' mostrata irremovibile:

"Obi-Wan Kenobi, Yoda e Luke Skywalker sono tutti apparsi senza cappa senza cadere preda del Lato Oscuro e da quanto ci risulta, solo l'Imperatore non ha mai rimosso la sua cappa. Se un Jedi cammina nel nostro negozio indossando un cappuccio, rischia di perdere molte delle nostre offerte speciali."

Ma al di là dell'approccio sbagliato alla questione, Tesco non sembra avere una politica simile per altri gruppi religiosi. Mentre era nel supermercato, Morda Hehol ha visto almeno una donna Musulmana indossare un velo, e non le e' stato chiesto di rimuoverlo.


Si ringrazia Mallo

venerdì 18 settembre 2009

scoperte


La guerra è guerra, anche se la chiami missione di pace.

Ciclicamente scopriamo che in guerra si muore. Ci viene venduto come un vero e proprio scoop.

Come mai quando a morire come cani sono dei semplici lavoratori a salario minimo non c'è lo stesso cordoglio a reti unificate fatto di proclami, prime pagine, bandiere, impegni seri e funerali di stato? Stranamente è considerata più sensazionale e assurda la morte di un soldato (in guerra) rispetto a quella di un muratore in cantiere.

E l’uso del termine “eore”? Ne vogliamo parlare? Io sapevo che l’eroe era quello che, a rischio della propria incolumità, riusciva a fare qualcosa di dannatamente buono. Che ne so, è un eroe quello che corre nudo fra le linee nemiche per aiutare un compagno caduto a terra e bersaglio dei cecchini. È un eroe quello che affronta un nemico molto più grande di lui. Si, concordo che anche in questi casi la retorica è quasi alle stelle. Oggi si scopre che l’eroe è il soldato che muore, indipendentemente da quello che stava facendo, nonostante la morte sia, diciamo, uno degli incerti del suo lavoro.

Farsi il culo 15 ore al giorno per mettere insieme pranzo e cena è meno eroico che girare per l'Afghanistan con un fucile d'assalto avendo accettato soldi in cambio del rischio di fare da bersaglio all'estero. E questo è un maledettissimo fatto incontrovertibilmente sotto gli occhi di tutti.

Voglio sminuire la morte di 6 ragazzi? No. Voglio che le cose vengano chiamate col loro nome: sono 6 vittime di guerra. E se "guerra" non si può dire, sono sei morti sul lavoro. Esattamente come gli operai che continuano a morire come mosche spesso per colpa di padroni che vogliono risparmiare.

lunedì 14 settembre 2009

sempre più in basso


Funerali di Stato per Mike Bongiorno, io pensavo a una battuta.

Il grande vecchio poteva stare simpatico a molti (non al sottoscritto) ma questa non è un giustificazione.
Bongiorno era una sorta di fossile vivente della televisione ma questa non è una giustificazione.
Mike ha rischiato di diventare Senatore della Repubblica (oddio, il rischio è stato più nostro che suo) ma questa non è una giustificazione.

Mike Bongiorno era uno dei tecnicamente immortali, secondo il suo medico (che è lo stesso di Berlusconi) la sua età reale era di 17 anni inferiore a quella anagrafica. Il cerchio si stringe e la triste mietitrice migliora la mira.

Ma poi, se Bongiorno merita i funerali di Stato per De André cosa si sarebbe dovuto fare?

mercoledì 9 settembre 2009

consigli per gli acquisti


Se acquistate un narghilè, fate attenzione a non rompere il vaso di vetro. Se questo dovesse succedere, fate in modo che il ricambio sia esattamente delle stesse dimensioni... e questo è praticamente impossibile. Se dovesse venirvi in mente di fare comunque in modo che la parte metallica entri e si adatti al nuovo boccione, lavorate con calma, lentamente, ragionando, riflettendo prima di ogni singola martellata. Prima di modificare qualsiasi pezzo, cercate di essere sicuri al 100% che ne abbiate compreso l’utilizzo, la collocazione e il verso. Non sorridete MAI a un tabaccaio anziano chiedendogli “un bocchino per narghilè”, nel caso, il sorriso mascalzone è un’aggravante.

Io questo lo so perché lo sa Tyler.

venerdì 31 luglio 2009

peste a


Tanto perché è una cosa seria, pandemia, orrore, piaga d'Egitto... Ricevo e pubblico il resoconto di un amico sopravvissuto:

Un raccontino così, per rendere l'idea di quanto siano seri questi problemi.
Lunedì mi viene improvvisamente un mega febbrone, tipo 38 e 8, così al volo. Mal di gola, tosse, rantgo (quel mezzo fischio che viene quando respiri con i bronchi pieni) pesante, insomma tutti i sintomi della A.

Me ne sbatto, ma insistendo la morosa e avendo LA TASK FORCE ROMANA ANTI VIRUS-A sotto casa mi dirigo.

Arrivo, dopo aver chiesto della task force e aver ricevuto come risposta solo "c'hai la febbre?", mi espongono al pubblico ludibrio mettendomi una mascherina e facendomi fare il giro dell'ospedale in cui ho ricevuto sguardi tipo "dagli all'untore".

Mi lasciano davanti alla porta dalla quale dopo cinque minuti esce uno, che inizia un interrogatorio surreale, con io che rispondevo dietro la mascherina.

Lui: Quanto?
Io: Quanto cosa?
Lui: Quanti giorni?
Io: Quanti giorni cosa?
Lui (stufato): Quanti giorni all'estero?
Io: Tre.
Lui: E' tornato tre giorni fa.
Io: No, sono stato tre giorni all'estero. Sono stato via quindici giorni fa.
Lui: ok, è stato via quindici giorni ed è tornato tre giorni fa.
Io: No, il contrario. Sono stato via due settimane fa per un periodo complessivo di tre giorni.
Lui: Ah, ok. Allora quanto?
Io (disperato): quanto cosa?
Lui: Quanto la febbre?
Io: Ah, ieri 38 e 8, stamani 38 e 2.
Lui: E ora?
Io: ora non lo so.
Lui: ok, sotto 38 (e segna sul questionario)
Lui: congiuntivite?
Io: beh sì, ho gli occhi rossi.
Lui: Vedo. (e segna NO).
Lui: è stato all'estero?
Io: Sì, due settimane fa (stavo per piangere...)
Lui: Allora NO.
Io: 
Lui: Tosse?
Io: sì.
Lui: Pure la tosse?
Io: Eh, sì. Ho anche mal di gola, se è per quello.
Lui (molto a malincuore) segna sì.
Ok, mi aspetti qui.

Dopo cinque minuti torna e mi fa "Si tolga la mascherina che tanto non ha il Virus A"
Io: ma, scusi, nemmeno un tampone, un esame?
Lui: no, il tempo di incubazione è di sette giorni, lei è stato all'estero due settimane fa.
Io: scusi, ma se ci sono diecimila casi a Roma, posso pure averla presa in Italia no?
Lui: sì, ma infatti basta che resti a casa e si curi come una normale influenza. Arrivederci.

giovedì 30 luglio 2009

Today, music!

Pure Reason Revolution - Deus Ex Machina


noio vulevon savuar


Il notevole contributo della Lega per risolvere l’annoso problema dell’istruzione è non dare la cattedra a quei professori che non dimostreranno la conoscenze della lingua, della tradizione e della storia delle regioni dove si intende insegnare , perché, per Dio, serve un’autorità che attesti la tutela e la valorizzazione del territorio da parte dell'insegnante.

Vorrei che mi si spiegasse come l’operato di un docente può portare alla non valorizzazione del territorio in cui è costretto vivere. Siamo ancora all’idea che un professore nato a Napoli parlerà bene di Federico II e male di Cavour per il semplice fatto di essere terùn?

Io ho avuto una prof di lettere nata a Foggia e cresciuta a Napoli. Che faceva un po’ di confusione con le lettere... i miei Promessi Sposi erano popolati di personaggi epici come Tonnappontio, Ton Rotrico, Tonnoferrande e Tonnaprassete. Per non parlare dei laudabund, laudabundur e uttonècongiundivo in latino. Studiammo anche l’antifaida palestinese. Il problema è che, oltre a tutti gli strafalcioni lessicali, la poveretta era intimamente convinta che le piene del Nilo dipendessero dallo scioglimento dei ghiacci dell’Armenia.

In compenso avevo come prof di Storia e Filosofia una bella e raffinata donna, ex moglie di un noto cantautore impegnato, e dall’italiano che sarebbe stato ottimo se non avesse avuto il vezzo di pronunciare “e” ed “è” nello stesso modo, ovvero “é”. Ricordo una “l’éssére é in quanto éssére é il non-éssére non é in quanto non-éssére” che lasciò non solo il sottoscritto un po’ confuso. La fine esteta und campionessa di raffinatezzen sosteneva con forza che Garibaldi avesse partecipato attivamente alla rivoluzione Americana. Quella del 1775. E ne disse anche altre di notevole livello, che ora però non mi tornano a mente.

Il punto è che è gente così il problema (nella scuola), non il loro accento, non la loro provenienza (come se un Pugliese fosse contendo di dover andar a lavorare a Verona, fra l’altro...).

Siccome non voglio passare per uno che difende quella categoria che ho così disprezzato e a cui ho augurato piaghe da antico testamento durante gli anni di scuola, aggiungo che sono convinto che a chiunque non sia in grado di parlare (e scrivere) nella lingua comune delle penisola (il Piemontese risciacquato in Arno, chiamato comunemente Italiano) non debba essere permesso di laurearsi. Ovviamente non sto parlando di inflessioni o cadenze, ma dell’incapacità di trattenersi dal dire ‘ngoppa o di parlare come uno sciatore altoatesino “Ja! Io mòlto kontento ti afère vinto kvesto tvofeo pe’ mio paèse, Tio kva e Tio là!”.

I laureati, i dottori, dovrebbero essere il top dell’intelighenzia, il nostro migliore biglietto da visita da presentare ovunque, un vanto. Io ho fatto lezione a uno che s’era laureato (110 e lode) commentando con un “chischt’ e chischt’ se ne vann’affangulo...” una semplificazione in una funzione e che non parlava altro che il dialetto dei suoi padri (e dei padri dei padri dei padri....).

Un laureato a qualsiasi titolo, l’Italiano lo ha studiato per 5 anni alle elementari, 3 di medie, 5 di liceo, davvero non è possibile che non riesca ad emanciparsi dal suo dialetto. Dialetto che sono convinto sia un patrimonio da proteggere e valorizzare ma non ai danni della lingua comune a tutti coloro che si dicono Italiani.

martedì 28 luglio 2009

il gioielliere


Sotto casa mia, da 4 o 5 anni c’è un gelataio. L’apertura di una gelateria sotto casa è, solitamente, sinonimo di fortuna. Hai voglia di un gelato? Tak! Scendi, paghi, è tuo. Visto che è sotto casa, stai sempre lì, chiacchieri, parli e in poco tempo sei un “cliente affezionato”, quello a cui si fanno assaggiare le cose, quello che può suggerire i gusti, quello che mantiene i figli del gelataio agli studi.

Lo so, del gelataio sotto casa ho già parlato il 5 di giugno, ma visto che in estate anche la tv campa raschiando il barile degli anni passati, vi beccate la replica.

Il gelataio sotto casa mia è tristemente noto nel quartiere con il soprannome molto poco fantasioso di gioielliere. Il negozio, da fuori non si vede, è buio e una porta a vetri chiusa cela l’intero a sguardi sfuggenti. Facendo attenzione si può notare un mobili da bordello anni 70, bancone rosso laccato, lampade da casa dei nonni alle pareti, luce soffusa... insomma... niente che faccia pensare al gelato. Per entrare si deve suonare, solo a questo punto la porta a vetri scorrevole si farà da parte, permettendo l’ingresso nel tempio.

Entrando il tipo ti assale, vantando la grandissima qualità dei propri gusti. La base che adopera per il suo cioccolato è la migliore al mondo, dice, ha vinto anche numerosi e prestigiosi premi. Evita di specificare in cosa sia migliore e che premi siano e, soprattutto, chi li abbia conferiti. Com’è ‘sto cioccolato? Caro. Caro arrabbiato. Non ricordo il sapore, ricordo che è costato ben oltre ogni decenza ma l’esperienza papillare non è stata al livello. Da un gelato che costa sugli 80 euro al chilo io pretendo tanto, pretendo tutto, pretendo che umili e ridicolizzi ogni esperienza sul gelato fatta in precedente, pretendo che offuschi ogni ricordo felice riguardo a un gelato, pretendo che crei dipendenza, pretendo che mi resti il sapore sulla lingua per almeno i due giorni successivi. Invece mi sono solo sentito gabbato.

Che poi, quando andai a provare questo nuovo gelataio, fu molto divertente. Entro con giusto un paio d’euro in tasca e mi metto a guardare i gusti. Noto che le vaschette sono profonde pochissimo, tipo 5 centimetri. Il gelataio aveva attaccato un bottone gigantesco al cliente prima di me, dopo 5 minuti avevo deciso per cioccolato e pistacchio, ma non trovavo da nessuna parte il preziario con il calibro dei coni, peggio, non vedevo proprio i coni. Finalmente il clienteprimadime riesce a sganciarsi e uscire.
Vorrei un cono piccolo
Non abbiamo coni, solo coppette
Allora una coppetta piccola (pensando fra me e me che quello era uno di quegli invasati che sostengono che il cono alteri il gusto del gelato e che quindi sia un vezzo da far scomparire)
In che senso piccola?
La più piccola che ha, ho solo 2 euro...
Ah... no... noi qui il gelato lo vendiamo a peso...
Beh... allora prendo solo un gusto... mi dia un po’ di cioccolato (bastardo, vendi gelato non oro!)
Ah! Ottima scelta, questo è il miglior cioccolato del mondo, ha vinto tantissimi premi è fatto con bla bla bla bla uova biologiche bla bla bla germania bla bla bla seccato al sole sulle cosce di donne cubane bla bla bla bla in quanto la mia scelta bla bla bla bla bla bla imperocché bla bla bla bla bla di un certo livello bla bla bla bla antani bla bla bla bla noce albina dell’Himalaya bla bla bla bla bla

Nel frattempo mi mette una caccola di gelato in un coppetta. Mette tutto sulla bilancia. Sono 5 euro. Gliene lascio 2, vado a casa, tempo di arrivare al portone (30 metri) e il gelato è finito. Sono INSODDISFATTO e INFASTIDITO come un adolescente che ha fatto cilecca alla sua prima volta. Prendo due miriagrammi di monete e gli porto i restanti 3 euro.

Molto buono il cioccolato
Eh! Glielo dicevo perché bla bla bla bla bla sul fondo del Niger bla bla bla bla una battuta di caccia bla bla bla bla bla bla perché ai miei tempi bla bla bla bla la noce ambrata del gabon bla bla bla bla bla bla

Guardi, devo scappare ma tornerò presto!

Succedeva un paio d’anni fa. Oggi (come sempre) il gioielliere non ha più di 2 clienti al giorno. Quanto è triste una gelateria che sembra un bordello con la porta a vetri elettrica (e chiusa) e che è sempre vuota? Quanto è triste di una gelateria frequentata solo da gente che chiunque sano di mente investirebbe con la macchina a marcia avanti e marcia indietro? La risposta non ce l’ho, so solo che non c’ho più rimesso piede. 

Io odio tutto questo.

martedì 7 luglio 2009

iocero


Si, l’ho fatto davvero, sono stato a un concerto di Gino Paoli. Cornice fantastica, villa Adriana a Tivoli e pubblico meno imbalsamato di quanto pensassi. 

Già, incredibile a dirsi, non ero il più giovane fra i presenti... si... ok diciamo che l’età media era verso i 50 e un dettaglio la dice lunga:

Verso il secondo brano si comincia a sentire un cicalino, sembra una suoneria di un cellulare. Dietro di me fanno finta di nulla, passano i minuti, la gente è sempre più nervosa. Si cerca con lo sguardo il criminale che non ha spento il telefono, poi il sussurro: “papà, è la sveglia per le pillole di nonna!”. E la nonna era talmente rapita da Gino da non sentire nient’altro.

Paoli è una mummia fatta e finita. Si presenta con maglietta e calzoni neri, panza, anelli da cafone arricchito e una giacca bianca fastidiosamente stropicciata. La voce è quella che ti aspetti da un ultrasettantenne e spesso parla invece di cantare che è quello che fa anche Vasco Rossi nonostante 20 anni di meno.

Poi ci sono le canzoni, le conosciamo tutti... e non fate finta di niente. I mega hit della canzone italiana non sono poi tanti... c’è Azzurro, c’è Volare e poi La Gatta, Sapore di Sale e Quattro Amici Al Bar e provate a negarlo. Fra l’altro Paoli introduce tutti i brani con un breve monologo che ne spiega l’ispirazione che ne sta dietro, cosa che ho trovato parecchio piacevole e, nonostante l’età, è andato avanti per 120 minuti senza accusare la fatica.

Nonostante il solito delirio dietro agli accrediti, ho fatto comunque una manciata di fotto (decisamente pessime, ma viste le condizioni è veramente grasso che cola).

mercoledì 1 luglio 2009

Non tutti sanno che... #4


Una ricerca firmata da Goran Arnqvist, biologo evoluzionista svedese, e Trine Bilde, professoressa danese di ecologia e genetica, e pubblicata su Science dimostra, tramite un esperimento condotto sugli scarafaggi che gli esemplari con una bassa qualità genetica hanno un maggior successo nella riproduzione, sono i migliori nel compito di fertilizzare le uova, sarebbero anche più bravi nell'occuparsi dei piccoli una volta venuti al mondo.

A quanto pare, quello che vale per i bacarozzi, vale pure le persone. Lo studio boccia anche la promiscuità: inutili i rapporti multipli, ma soprattutto dannosi, perché espongono le potenziali madri a malattie sessualmente trasmissibili. Finora si riteneva che questo approccio "di fiore in fiore" permettesse alle femmine di scegliere il seme del maschio con la migliore qualità genetica, per fertilizzare i suoi ovuli e ottenere una prole più forte. Tutto sbagliato. 

La notizia buona è che, a quanto pare, la natura, sulla lunga distanza, tenda a far trionfare l’amico simpatico sul maestro di tennis. La notizia cattiva è che siamo simili ai bacarozzi. Lo studio però non dice nulla sulle bacarozze pur impegnate con lo scarafaggio simpatico ma dedite all’accoppiamento col bagnino.

venerdì 26 giugno 2009

il titano


Non sono mai stato un fan di Jackson, in quell’età in cui si ha bisogno di idoli e punti di riferimento io avevo i miei, e Jackson era un po’ il nemico. Ma era una presenza ingombrante, era lì, era gigantesco. Fin da quando ho memoria c’è stato Michael Jackson, come il Colosseo. E ho sempre dato inconsciamente per scontato che quella presenza monumentale rimanesse non dico per sempre, ma almeno fino al naturale declino, al ritiro dalle scene per sopraggiunta senilità. 

Pur considerandolo in effetti un fenomeno da baraccone (alla stregua di gente come Cher, Berlusconi, Valentino, ...) ho sempre sostenuto che, a causa del fatto che da bambino fosse già un dio dorato e delle molestie paterne, non abbia vissuto l'infanzia, passando il resto della vita cercando di restare aggrappato in qualche modo al bambino che era quando non proprio di ritornare ad essere bimbo.
Si è comprato un luna park per metterlo in casa e invitarci i suoi amichetti, che avevano al massimo 12 anni, bimbi come lui voleva sentirsi e considerarsi ma il mondo fuori lo trattava da adulto. Voleva essere il bambino che non gli è mai stato permesso essere. Se ci penso bene, questa è fra le 5 cose peggiori che possono accaderti nella vita... quella di non poter essere mai bambino. Certo, ce ne sono tanti di bimbi a cui viene negata l’infanzia, ma sono pochi quelli che poi vengono ricoperti d’oro ed elevati al rango di divinità.

Jackson è vissuto sempre circondato da parenti serpenti, sanguisughe, lacché, puttane, sfruttatori di ogni sorta. Gli hanno tirato fango addosso per ignoranza, invidia o semplice calcolo... e tutto questo un bambino non lo capisce, non lo può capire.

Fra l'altro, leggo nel ricorso estremo alla chirurgia un tentativo disperato di restare bambino anche nell'aspetto esterno, un modo per ancorarsi a quel mondo fantastico (non inteso come "wow incredibile!" ma proprio nell'accettazione di "fantasy") che è proprio dell'infanzia. 
Chiamatelo Peter Pan, chiamatelo pazzo, chiamatelo malato, ma è il Re del pop. Ha preso un genere musicale e gli ha impresso la propria impronta. Lo ha fatto così a fondo che oggi nessuno riesca a suonare determinate cose senza copiarlo (in alternativa si saccheggiano gli Smiths...), senza citarlo, senza ammettere intrinsecamente “lui è stato e sarà sempre tante spanne migliore di me”. Creare qualcosa a propria immagine e somiglianza è proprio delle divinità, quando a farlo è un semplice essere umano il prezzo da pagare è alto.

Il re oggi è morto e non c’è nessun erede degno di occuparne il trono.

E la morale? La morale l'ha sintetizzata alla perfezione il mio amico Biondonoi: "ha dimostrato che non basta avere tanti soldi da potersi comprare i diritti dei Beatles per poter essere felici".

venerdì 5 giugno 2009

oste, il vino è buono


Recentemente ho avuto contatti molto ravvicinati con maniaci del biologico. Non c’è niente di male a voler mangiare biologico, anche se, quando non sei tu direttamente a coltivare e curare i tuoi futuri alimenti, serve sempre un atto di fede, grande o piccolo che sia. Comunque, questi episodi mi hanno dato da pensare e il pensiero si è trasformato in domanda: non è che il bio è per lo più un fattore di moda da fighetto? Qualcosa di simile ai milioni di esperti di vino che circolano al giorno d’oggi, si, avete capito, quelli che alla fine non sanno prescindere dall’etichetta quando devono capire se stanno bevendo un tavernello o un greco di tufo nonostante si vantino di aver fatto un corso da sommelier.

Sono andato in un ristornate, il tipo ha subito tenuto a dirci che lui si rifornisce in aziende agricole bio, che la pasta la fanno in casa, che tutte le verdure non sono trattate e, soprattutto, per descrivere i piatti non ha usato un aggettivo che non fosse molto vicino a un superlativo assoluto: “queste sono eccezionali, quest’altre incredibili, queste buonissime”.

Alla prova dei fatti il cibo era buono, buono esattamente con quello che ha sempre cucinato mia madre (o addirittura il sottoscritto), il valore aggiunto dei materiali di primissima scelta non s’è sentito e dai suoi superlativi invece ci si sarebbe aspettata l’esperienza culinaria della vita. A questo punto, di due cose una:

1. il tipo millanta di usare ingredienti di altissimo livello ma, di fatto, fa la spesa al mercato come noi tutti;
2. il cuoco non sa cucinare e quindi non è in grado di esaltare le particolarità di ingredienti così sopraffini, finendo per mortificarli e banalizzarli.

Sono venuti degli ospiti a casa, volevano prendere un gelato e, nonostante gli avvertimenti, sono finiti dal ‘gioielliere’. Costui è il gelataio del marciapiede davanti, perennemente vuoto, che smercia gelati dal prezzo demenziale (circa 80 euro al chilo) perché fatti con materie prime sceltissime. Il latte, dice, di farselo arrivare fresco dalla Germania, le uova sono esclusivamente di allevamenti biologici, il cacao che usa è (testuali parole) il migliore al mondo. Il risultato è un gelato dal gusto banale e anche eccessivamente zuccherato invece di essere l’esperienza gelatifera più gratificante della vita. Anche qui le uniche due soluzioni sono quelle dell’esempio precedente: o è un farabutto o è un inetto.

Ora, io avevo un pregiudizio e cioè che i patiti del bio fossero personaggi dal palato fine e questo doveva escludere a priori i millantatori che spacciano il pomì per passata fatta a mano con pomodori cresciuti come Dio comanda. Il pregiudizio si sta rivelando infondato.

Fortunatamente esistono posti dove la differenza di materia prima utilizzata è più che evidente ma non vi dico quali sono.