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lunedì 25 luglio 2016

LA RAZIONALITA' DEL COCCODRILLO #10


Sugo al cinghiale
di motori e messaggi


Rincasando dopo quel concerto mi resi conto che era il momento di dare un’ulteriore sterzata alla mia vita. Era ora di cambiare e togliersi dalla testa un po’ di idee idiote. In fondo questa Marta era carina, sembrava simpatica, ci eravamo conosciuti in un modo curioso e a un concerto dei Car Bonx. Puro caso, tanto per cambiare. Ma perché non seguire la corrente? Perché per una volta non fidarsi del caso e dare fiducia a tutte quelle storie su karma e destino?

Mi svegliai con calma nonostante un sacco di cose da fare. Dio il sabato si è riposato, dicono. Ma lui non doveva fare la spesa, non doveva andare dall’elettricista, né a farsi fare un preventivo dal meccanico. Personalmente non mi piace riposare nemmeno la domenica, è il giorno prima del lunedì e vuoi sprecare l’ultimo giorno di libertà della settimana a dormire? Mi piacerebbe rispondere di no, purtroppo la realtà dei fatti dice il contrario: di solito lo spreco e passo dei lunedì ancora più di merda dei normali lunedì.

Andare dal meccanico è una faccenda che mi turba, di motori non capisco niente, di macchine men che meno. Quel tempio del machismo che è l’officina per me è solo un luogo sporco, puzzolente, ansiogeno, popolato da mangiatori di morchia che parlano linguaggi a me ignoti venerando donne nude appese alle pareti (quella è l'unica cosa che capisco, in realtà).

Come sempre, anche quella volta provai a interpretare la parte dello sciolto, per dar l’impressione di non essere lo sprovveduto che sono così da non farmi fottere. Arrivai preparatissimo, conscio di dove fosse e di come fosse fatto il libretto, di quale fosse il numero di targa, bollo in regola, patente a posto. Ovviamente bastò una domanda del meccanico per far crollare il mio castello di carte: “quando l’hai cambiate l’ultima volta?”. “Mai, da che ne ho memoria” risposi giusto per non fare scena muta. “alla revisione l’anno scorso m’avevate detto che era tutto preciso”, aggiunsi lì, come a dire “sono un cliente, non un turista da spremere ingiustamente”. Lui sparò una cifra, probabilmente a caso, e gli lasciai il veicolo. Felice che la faccenda si fosse risolta così velocemente.

Poi andai a fare la spesa, chiedendomi perché non ci fossi andato prima in macchina. E fu proprio durante una noiosissima fila ad una cassa che mi arrivò un messaggio sul telefono

la sett prox ci sono i Vatussi Rudi, ci vai?

Era Marta. Prima di rispondere analizzai la sintassi. Stringata, ma passabile. Sarebbe potuto andare peggio, tipo:
stt prx c sn vtssi c6?” cosa che mi avrebbe come minimo turbato. Di conseguenza tenni a bada il mio razzismo da messaggistica e scrissi

Li aspetto da 30 anni! Daje!

La risposta non tardò

Bellissimo. Ci vediamo lì

Cosa prevedeva a questo punto il codice da acchiappo telematico? Avrei dovuto controbattere? No? Sì? E la tattica cosa suggeriva? Avrei dovuto insistere? Cosa potevo rispondere?

Un laconico “ok”?

Buttarla sul finto spiritoso tipo “grazie per il bellissimo ma menti sapendo di mentire”?

Azzerbinarmi con un “non vedo l’ora, conto i giorni”?

Magari provare a tirarmela “sarebbe carino incontrarsi, ma forse ho altro da fare e se vengo sarò in comitiva…”?

Giocare a carte peggio che scoperte “Ti farei un pigiamino di saliva”?

Oppure provocare “Non fare che mi dai la sòla”?

Complice anche il mio turno alla cassa, decisi di farmi gli affari miei e non rispondere. Trascorsi un ragguardevole sabato sera davanti a un film trash e passai la domenica a pulire la mia stanza, il bagno e la cucina, attendendo il ritorno di mio fratello.

Nib arrivò in tempo per la cena. Era stato al paese, dagli zii, di conseguenza era carico di ogni ben di Dio. Ci preparammo la tavola, 3-4 etti di pasta conditi con un magnifico sugo al cinghiale fatto dalle amorevoli mani di zia Albina e mangiando gli raccontai le ultime novità. Tipo che ero stato dal meccanico, avevo litigato con delle vecchie al supermercato e che il film della sera precedente era davvero un insulto alle cose belle del mondo, di conseguenza avremmo dovuto rivedercelo insieme quanto prima.

Poi gli raccontai di Marta.

Capitolo 11

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