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lunedì 18 luglio 2016

LA RAZIONALITA' DEL COCCODRILLO #9


Scelte

di piscine e fughe

Non è vero, era anche colpa mia. Era soprattutto colpa mia.

Sono sempre stato selettivo con le persone, ancora di più con le donne. O tutto o niente. O la principessa dei boschi o un’esistenza da solitario eremita.

Nessun compromesso. E immaginate un po’, provate a indovinare quale possa essere il rapporto fra Principesse dei Boschi da una parte e anni di eremitaggio dall'altra. Dove penderà la bilancia?

Se proprio devo essere sincero, anche questa storia dell’essere selettivi è una scusa. Un bel dito dietro a cui nascondersi per negare la realtà: cacarella e senso d’inadeguatezza.

Di aneddoti imbarazzanti sulla questione potrei raccontarne per giorni, probabilmente. Per esempio, ricordo quando in piscina c’era una che mi faceva il filo. Ma io niente. Rigido e dritto per la mia strada come nemmeno un pistolero di Eastwood avrebbe mai fatto.

Sarà stata una latrina con l’alito mostruoso e simpatica come un cancro al colon, direte. Invece no. Era anche carina e sembrava pure simpatica. Quella poveretta era arrivata a farmi le poste dopo l’allenamento e l’unica reazione che ottenne fu di farmi ottimizzare ancora di più tutta la pratica di doccia-asciugatura-vestizione.

Ma lei niente, non demordeva, a costo di farsi trovare totalmente zuppa, mi aspettava sempre all'ingresso del centro sportivo. Al suo “Ciao…” colmo di speranza e aspettative, rispondevo un “ciao.” secco, corto, a voce bassa, senza ammissione di repliche, a testa bassa, tirandomi la borsa sulla spalla e procedendo dritto senza guardarla.

Bugia: in realtà la guardavo con la coda dell’occhio, sperando e temendo al tempo stesso facesse qualcosa di eclatante che mi obbligasse a darle attenzione. Ci speravo, ovvio, a chi non piacerebbe? Se avesse fatto lei il primo passo, non sarebbe stata colpa mia! Oggi non saprei dire di cose avessi paura, ma preferivo giocare sul sicuro.
Il problema è la definizione di “sicuro”. Per me, al tempo, se me la fossi trovata nuda e nel letto non quale dubbio di piacerle l’avrei ancora avuto. E poi avevo fifa, se le avessi rivolto l’attenzione a cui anelava, di lì a pochi minuti saremmo stati sposati e, diamine, magari la donna della mia vita, la vera principessa, era dietro l’angolo o, financo, già a casa ad aspettarmi impaziente! Non potevo perdere tempo!

E poi, a dirla tutta, provavo anche un piacere perverso in quel ruolo da sostenuto. Nemmeno fossi stato l’uomo del Mennen. Mi faceva sentire migliore di Nib che le femmine doveva procacciarsele (con successo, ma questo è un dettaglio), mentre a me si offrivano spontaneamente (e mi permettevo di scacciarle). E qui dramma e delirio iniziavano ad andare a braccetto. Pur di non sputarmi in faccia, mi imponevo obiettivi di diversi ordini di grandezza oltre la mia portata, interpretando il ruolo di un Dante invaghito di una Beatrice per cui struggersi da lontano e senza nemmeno una benché minima capacità poetica per essere ricordato  dalle generazioni future.

Insomma, il succo è che ho incarnato l’apoteosi della sfiga per un sacco di tempo, poi iniziai a svegliarmi pian piano solo una volta uscito di casa ma credo ormai di aver già divagato troppo.

Capitolo 10

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