Frontale
Il grande livello di manutenzione delle ciclabili romane potete solo immaginarlo. Le strade normali sono infami, piene di buche, con voragini che si aprono e popolate di pazzi su quattro e due ruote. Le piste ciclabili quasi peggio.
Non ci sono pazzi, ma anziani sordi, anziani con cani, ragazzini svagati, ragazzine con la faccia infilata nel cellulare, anziani che guardano le ragazzine col cane e via dicendo. Ma soprattutto ci sono le piante. Soprattutto nei pezzi di ciclabile vicino alle aree verdi, le piante strabordano e invadono la pista. La invadono di brutto con rami grossi così, cespugli di cardi selvatici e rovi di more. Tanti rovi. Grossi rovi. Spinosissimi rovi.
E insomma è successo che in un punto la ciclabile, invece di essere a doppia corsia si restringe. In questa già stretta lingua d’asfalto capita che la parte sinistra sia invasa dalla vegetazione. Poi a destra, in un punto, un tipo, nottetempo, è entrato con la macchina in ciclabile lasciando per ricordo un pezzo di marciapiede e vari macigni.
Quel punto è in curva. Io andavo. Tranquillo. Sbuco dalla curva e mi trovo un pazzo lanciato come un proiettile. Inchiodo. Lui ci prova. Inizia a sbandare. E l’alternativa non è bella. Da un lato ci sono io, ci sono i rovi, c’è la rete di ferro che cerca di contenere le piante, dall’altro lato ci sono quei paletti di metallo bianchi e rotti fatti a U rovesciata che separano la ciclabile dalla strada trafficata. E quindi lui sceglie me che nel frattempo mi ero buttato nei cespugli con tutta Looisona.
Dal botto ne usciamo illesi. Lui con bici sbidonata io con parafanghi un po’ storto. Si sistema tutto e si riparte.
La settimana dopo scopro che mi aveva rotto un carter. E mi sono quasi perso la catena.
Dura vita del ciclista.