Citazione

domenica 7 ottobre 2007

racconti metropolitani #13


Il sole che filtra dalla serranda mi ricorda che la giornata è iniziata da un pezzo. Anche i rumori di vita che arrivano dalla strada non fanno che ribadire il concetto. Sole, clacson, voci... non sono altro che unghie di gatto che si attaccano al tuo divano più prezioso. Il danno è fatto. Poi puoi prendertela col gatto, come se capisse. Se poteva capire un concetto come “divano prezioso” avrebbe fatto lo stilista o l'arredatore, non certo il gatto. Per fare il micio, di mestiere intendo, occorre riuscire a guardare le cose in un'ottica diversa dalla nostra, avere altre priorità e una scala di valori diversa. Ma i gatti non c'entrano nulla, qui. Fuori ferve l'attività. Puoi fermarla? No. Puoi incazzarti? Se vuoi, ma resteresti incazzato. Il danno è fatto. Ti hanno svegliato e non c'è rimedio.

Anche la città, come i gatti (e quindi forse un po' c'entrano?), ha le sue regole, le sue priorità, la sua morale. Ci si deve dare da fare, nel formicaio, e non ci si può certo fermare perché vuoi dormire, perché ti sei preso una giornata di ferie per oziare, far le cose con calma, dedicarti più tempo del solito.

Nossignore...

lunedì 23 luglio 2007

racconti metropolitani #12


E tu sei lì, solo, che aspetti. Sotto la pensilina. Attorno, il silenzio avvolto dalla luce giallastra dei lampioni.

Tu sei lì, aspetti. Guardi l'orizzonte. Passa solo una macchina, lanciata nell'indifferenza più totale.

Ti accorgi di non essere solo. Una presenza. Furtiva. Chiusa nel suo cappotto. 

Un rapido sguardo carico di diffidenza ti colpisce di striscio, ricambiato altrettanto fugacemente.

Tu sei lì. Ti chiedi quanto ci vorrà, che forse faresti prima a piedi. Ma sei stanco e poi è già un po' che aspetti, la legge dei grandi numeri è dalla tua, t'illudi.

Tu sei lì. Lo sguardo ti cade sull'altro lato della strada, sotto una saracinesca, un barbone che dorme arrotolato, più che avvolto, da uno strato indefinito di coperte.

Lui è lì. E' bello avere un posto dove tornare, è bello sapere che ti aspettano un tetto, un materasso e una cena calda.

Lui è lì. Un po' ti mette a disagio, ti fa sentire in colpa. Pensi alla tua cena fumante e immagini di non potertela più godere a pieno.

Poi, all'orizzonte arriva l'autobus, fra pochi minuti sarai a casa, ogni altro pensiero scompare.

Non sei più lì.

domenica 15 luglio 2007

racconti metropolitani #11


Affondo nell'asfalto ad ogni passo, mi chiedo a che temperatura fonderà la suola delle scarpe, se è testata per resistere alla temperatura della lava. Odore di bitume dal marciapiede. Puzza, non odore. Fa caldo, attorno a me il deserto. Uscire poco dopo l'ora di pranzo non è stato proprio un colpo di genio. Noto che sto iniziando a sciogliermi anch'io oppure sto semplicemente sudando oltre il livello di guardia. Un brivido sul braccio mi fa tornare in me, ho solo pochi secondi per finire il gelato. Farà bene alla pelle tutto quel cioccolato sciolto che mi cola fino al gomito?

domenica 24 giugno 2007

racconti metropolitani #10


Camminava da solo, pochi minuti dopo il tramonto, la strada in salita, il passo deciso, rapido, lungo. La testa china, in avanti, quasi a dover contrastare la brezza serale. La strada buia, lampioni spenti, luci in lontananza. Sulla testa un cielo rosso, pesante, basso.

Poi un tuono, qualche goccia di pioggia e le mani che entrano nelle tasche dei calzoni. La testa si stringe leggermente nelle spalle, Il passo rimane lo stesso. La strada sempre in salita, buia. Gocce che cadono, bagnano la camicia, le scarpe, i capelli, lui non sembra curarsene, prosegue la sua marcia. Passa sotto un lampione acceso, alza lo sguardo verso la lampada che proietta una luce vecchia e giallastra, che esalta le gocce di pioggia sempre più fitte.

Nessuno nei paraggi. Nemmeno le auto.

Rumori di serrande che si abbassano, abbaiare di cani, suoni indistinti e lontani. Un altro tuono, un rombo lontano, simile al brontolio di uno stomaco. I piedi vanno da soli, uno dietro l'altro, come dotati di vita propria, lo sguardo è sull'asfalto, la testa altrove, persa in pensieri legati alla pioggia, un altro cielo, un altro asfalto, una fermata d'autobus, mani che si salutano attraverso un vetro, occhi che guardano dentro altri occhi.

"Anche quella volta pioveva, come se il cielo piangesse al mio posto" pensa fra sé. Alza il viso, le spalle si rilassano, supera un incrocio e ora i lampioni sono di nuovo accesi.