Citazione

venerdì 19 febbraio 2010

Avatar (James Cameron)


E alla fine l’ho visto anch’io. La gente non va talmente più al cinema che non ho trovato un buco libero fino a ieri. Se questo è un settore in crisi, da grande voglio esserlo io, un settore in crisi.

Inizio dalla fine? Inizio dalla fine. Avatar è un film divertente. Meno divertente di Die Hard (il numero sceglietevelo voi), più divertente di G.I. Joe. Si, perché il settore in cui si inserisce è quello del film d’azione con cervello spento.

Divertente ma niente di più. Il film in sé non mi ha coinvolto più di tanto, e questo non è dovuto alla trama, è dovuto a... non saprei. Mi hanno coinvolto cose peggiori, in fondo, ma Avatar no. Sono rimasto abbastanza freddo financo all’abbattimento dell’alberocasa e alla morte di diversi coprotagonisti. Sapevo già come finiva, non perché me l’avevano detto, ma perché lo capisci dalla prima scena... e sei sei proprio lento la seconda e la terza ribadiscono il concetto.

Era ovvio che sarebbe finito bene, mi direte, si, ok, quello lo so, il punto è che la storia, e lo hanno già detto tutti, è già vista e già sentita. Ma forse i tutti non lo hanno detto abbastanza forte, è DAVVERO tutto già visto, tanto che si potrebbe parlare di un remake di Balla coi Lupi ambientato nel villaggio dei Puffi giganti. Se BcL non basta, c’è anche l’Ultimo Samurai, quello dove Tommaso Cruise, da nemico del Sol Levante, finisce per diventare più giapponese dei Giapponesi stessi crepando per mano dei suoi ex compari di avventura.

Il protagonista è un soldato infelice sbattuto ai confini dell’impero (hey, esattamente come Gavino Costner e Tommaso Cruise!) entra in contatto con il nemico e mentre lo studia per capire come batterlo se ne innamora, seduce la femmina numero uno, ovvero la promessa sposa del guerriero più tamarro (Gavino seduce la moglie dell’amico, morto, del guerriero più tamarro e lo stesso fa Tommaso Cruise) col quale poi diventa culo e camicia esclusivamente dopo avergli fatto vedere di saper pisciare più lontano di quanto ogni alieno si mai stato in grado di fare (curiosamente Gavino e Tommaso fanno lo stesso). In mezzo c’è il momento della verità, in cui l’eroe si trova prima a cavallo fra due mondi, poi scacciato da entrambi.

Avete ragione, tutte le storie, alla fin fine, sono banali e sciape. Il sale sta nel modo in cui vengono raccontate. Giustissimo, verissimo, bravi. Purtroppo Avatar è narrato nel modo più canonico possibile. Aggiungete la totale assenza di giochi di regia e un montaggio per nulla innovativo e la frittata è fatta. Storia piatta, personaggi piatti, regia piatta. 

Resta il Treddì. Il Treddì è fico. Cioè, c’è una scena dove, in mezzo a una sala riunioni spaziali, c’è il batterista dei metallica che gioca a golf (!) e la pallina sembra venirti addosso. Hey, ma non siamo a Gardaland, me ne frego degli effetti (telefonati) messi lì esclusivamente per farti dire “wow sembra di essere in una cazzo di buca da golf”! Me ne frego. Le uniche inquadrature che ho trovato notevoli sono quelle dove si guardano i soggetti dietro ai vetri (finestrini, finestre o altro) e in cui l’effetto del Treddì regala qualcosa di speciale. Cameron questo lo sapeva e ne ha stra abusato, purtroppo. Stringendo, il Treddì è bello, ma non è sufficiente a risollevare il film.

E gli effetti speciali? Probabilmente il meglio di quanto mai visto fino ad oggi. L’interazione fra reale e virtuale è praticamente perfetta, punto e basta. Sembra tutto talmente vero che se si scoprisse che Cameron ha girato tutto su una luna di Giove usando attori alieni e attori veri io ci potrei pure credere. Ovviamente non basta a fare un film.

Perché tutta questa pippa? Perché Avatar mi era stato venduto come un nuovo inizio, un po’ come quello che fu Guerre Stellari a suo tempo. In realtà non è nulla di tutto ciò, è un blockbuster con tutto quello che ci si può aspettare e niente di più. Tecnicamente eccelso, ma non c’è un passo da gigante in avanti così come si millanta. Per esempio, Jackson con tutte le sue comparse digitali nel Signore degli Anelli ha fatto qualcosa che non s’era mai visto (e che dopo s’è visto fin troppo). Cameron invece si limita a migliorare il tiro degli esperimenti di Zemeckis & co, ne migliora di molto la resa, ma non crea niente di nuovo.

Concludendo, se Due Palle Coi Puffi v’è piaciuto, tanto meglio per voi, ma non spacciatemelo più per ciò che non è.

martedì 16 febbraio 2010

il tempo se ne va

Sapete, in casa mia c’era quel singolo. Quello di Celentano. In copertina c’era lui vestito da gangster con una bambolona di playboy buttata addosso. Un singolo di Celentano. È un oggetto sicuramente abbastanza trash che non so più che fine abbia fatto... ma non è di questo che voglio parlare, voglio parlare del tempo, di quell’altro tempo. Sapete, da queste parti venerdì scorso è nevicato. Non succedeva da 25 anni. Sicuramente “nevicato” è un concetto un po’ grosso, cioè, la città s’è coperta per alcune ore di un manto bianco, poi è piovuto, poi c’è stato il sole e addio manto bianco. Però è stato bello. Bello e surreale. Come vedere gli elefanti sulle Alpi, per dire. Venerdì è nevicato e Ieri ho visto una zanzare per casa. La prima dell’anno. E questa mattina l’ho uccisa. Sono sicuro che fosse la stessa. Mi rifiuto di credere di avere in casa, a metà febbraio, più di una zanzara. Oggi piove. È questo il riscaldamento globale? Io pensavo fosse quel fenomeno per cui l’inverno sembra primavera, la primavera estate e l’estate l’inferno, invece mi sa che non c’ho capito niente. Forse vuol dire che le stagioni sono mischiate. Hai 3 giorni di autunno, 2 d’inverno, 8 d’inferno, 3 di primavera poi arrivi a ferragosto e piove per 6 giorni di fila. Intanto però le mie piante sono impazzite. Ho un vaso in cui sono stipate piante grasse a volontà, tutte quelle che trovavo mezzo morte da qualche parte. Sono tante, il vaso letteralmente scoppia, ma loro stanno bene, in salute sono... sono... sono grasse, ecco. E sono sul balcone, esposte alla pioggia, al vento, alla neve. Eppure godono, soprattutto amano la pioggia, quando piove ingrassano, crescono, diventano bellissime... e senz’acqua avvizziscono. La passiflora e l’ibiscus che ci avevano assicurato sarebbero defunti con l’autunno per poi rinascere in primavera non hanno mai smesso di fare boccioli, crescono un po’ più lentamente... dai... un bel po’ più lentamente ma non seccano, non hanno intenzione di cedere e probabilmente si stanno chiedendo quando inizierà l’inverno. Ora smetto di farmi domande e mi godo il primato: Rumenta vs Zanzare 1 – 0. La prima dell’anno. E nessuna puntura.

lunedì 15 febbraio 2010

gaudeamus igitur


Da Ikea puoi trovare di tutto a quasi tutti i prezzi. Un sacco di cose per tutti i gusti tranne che per i maniaci di musica. Sì, quei grigi individui con la casa ingombra di dischi, solitamente ammucchiati disordinatamente, infilati in librerie posticce, in scatoloni, in porta cd rimediati. Sembra assurdo, ma a parte l’insufficiente Benno il sig. Ikea non aveva mai fatto alcun mobile adatto a chi abusa di musica.

Benno, stando alla mia memoria, può contenere circa 180 cd e capirete bene che quando le collezioni iniziano a parlare la lingua delle migliaia, la storia diventa complicata. Che fai? Compri 20 colonnine benno, ci riempi una parete e metà dello spazio lo hai buttato. Già, il bordo di un benno è largo quasi quanto 2 dischi, 2 bordi per benno, fanno 4 cd che vanno moltiplicati per i 12 ripiani. Se, per esempio, andassimo ad affiancare 4 benno, avremmo dato posto a 720 dischi, occupando però il volume di 860. Se questo non vi basta per bocciare la povera colonnina, aggiungiamo il fatto che per chiunque non archivi i dischi per data di acquisto, diventa scomodo l’inserimento di un nuovo acquisto nella collezione. 

Per farvi capire meglio il dramma, immaginate di avere 3000 titoli, tutti ordinati per rigoroso ordine alfabetico e, a parità di artista, per anno di uscita dell’album (dal più vecchio al più recente). Bene. Vi comprate Super Trouper degli Abba. Ok, facciamo finta che non ci si debba vergognare a comprare un disco degli Abba. Che fate? Dovete inserirlo fra Voulez-Vous (sempre degli Abba) e High Voltage degli AC/DC. Occorre far spazio, quindi si devono spostare tutti i dischi di una posizione verso destra, partendo da Mescalero degli ZZ-Top e andando a ritroso a blocchi di 16 cd alla volta. L’operazione rischia di essere lunga e fastidiosa.

Ma non c’erano delle librerie normali? C’erano. Comprai infatti delle librerie Billy. Quelle grandi, con tanti ripiani aggiuntivi. Il problema è che una libreria è profonda una quarantina di centimetri (poco più, poco meno), un cd è profondo circa 15. In più, non tutte le librerie del sig. Ikea danno la possibilità di posizionare i ripiani a intervalli regolari, Billy è così, 3 ripiani altissimi, gli altri normali. Spazio buttato in altezza e, soprattutto, troppo spazio buttato in profondità il che vuol dire solo due cose:
  • stanza più piccola;
  • quintali di polvere in più da gestire.


Oggi, finalmente, il sig. Ikea ha ascoltato le preghiere dei feticisti dei cd. Ora potete comprare un libreria Bestå di un metro e 90, larga 60 centimetri e profonda, attenzione attenzione, 20 centimetri, con la possibilità di aggiungere quanti ripiani volete (tipo 11) ad altezza regolare, così da contenere oltre 500 cd l’una. Unico difetto le ante (da comprare a parte a prezzi salatissimi) sono brutte brutte brutte.

martedì 2 febbraio 2010

sfiga accecante!


Un paio di post fa, vi avevo raccontato di una strada sprofondata in concomitanza con la consegna di una cucina. Del fatto si sono interessati anche a Striscia la Notizia, intendo della strada, non della consegna della cucina. Non approfondiamo il fatto che dev’essere Striscia la Notizia a fare casino per una cosa del genere e sollecitare soluzioni, i lavori sono stati più o meno effettuati entro i tempi più o meno previsti e quindi, con una settimana di ritardo, la cucina è arrivata.

Grida di festa, gaudio e giubilo hanno salutato i due energumeni che si sono caricati mobili ed elettrodomestici in spalla per donarci finalmente una casa più normale, un luogo in cui non fosse più necessario interrogarsi sull’utilità o meno di usare il bidet per far asciugare piatte e stoviglie lavati nel lavandino e nella doccia, un luogo dove il frigorifero non fosse nello studio e il microonde e la bistecchiera in salotto. Insomma, una casa vera.

Ovviamente qualche problemi c’era, nello specifico il forno. Sapete, i forni a gas sono una specie in via di estinzione. Quando lo ordini ti guardano come se fossi scemo e con occhi giganteschi ti chiedono “PERCHÉ?! GUARDA CHE COSTA DI PIÙ!”. Al che tu gli spieghi che intanto preferisci la cottura del gas (opinabile, ma tant’è), poi che ti scoccerebbe pagare la differenza di prezzi in bollette elettriche e terzo che diatribe tipo “cucino o stiro/lavo i piatti/lavo il bucato/asciugo i capelli/accendo lo scaldabagno” non sono il tuo forte, che non vuoi essere schiavo di un contatore della corrente sovraccarico. A quel punto almeno fanno finta di essere d’accordo. Ovviamente non è il caso di calcare la mano parlando di risparmio energetico e del fatto che o si abolisce il gas perché non è il massimo avere una sostanza volatile ed esplosiva in casa o è un po’ insensato avere piano cottura a gas e forno elettrico...

Resta il fatto sostanziale: chiedere un forno a gas è come richiedere l’unicorno, puoi farlo, ma serve tempo. Quanto tempo? Senz’altro un numero di giorni compreso fra 0 e più infinito. Perché? Perché devono fabbricarlo. E quanto ci vuole a fabbricarlo? Boh. E quando lo fabbricano? Boh. Perché “boh”? Perché si fabbricano solo a partire da un numero di ordini critici.

E quindi la cucina ha un bel buco grosso come un forno. Pazienza. Il difficile sarebbe sorto solo a quel punto: trovare un idraulico la domenica.

E invece lo abbiamo trovato. Ed aveva già lavorato (con successo) per casa Rumenta. Il risultato di una mattinata di bestemmie di media entità è stato il seguente:

  1. tubo di carico della lavatrice corto. Da comprare e sostituire;
  2. tubo di carico della lavastoviglie privo di apposita guarnizione dotata di filtro... in realtà la guarnizione era stata lasciata sopra la scatola del rubinetto. Calpestata a morte. Insomma, comprare e sostituire pure questo;
  3. rubinetto di carico della lavastoviglie, acquistato fresco fresco da un noto franchising di bricolage dal nome francese, sgocciolante;
  4. piano cottura capace di trasformarsi in lanciafiamme a causa di un possibile difettuccio di fabbrica.


Consci che i problemi siano ben altri, andiamo avanti, fieri e mascalzoni!