Ho una sveglia sul comodino che suona ogni mattina e questo non mi rende certo un campione. Questa sveglia non è come tutte le altre. Tanto per cominciare è brutta a vedersi, a guardarla da davanti si direbbe un quadrato con gli angoli smussati, grande ma sottile. Ha due oblò lungo una delle due diagonali. Nell’oblò in basso a destra c’è l’orologio, in quello in alto a sinistra c’è la radio. Ma non è tutto qui, la sveglia è anche lettore mp3 e volendo puoi svegliarti con la musica.
Ha due grossi difetti questa sveglia, il primo è che non c’è modo di affievolire la luce sparata dagli oblò. La vecchia sveglia invece accendeva il quadrante solo a richiesta o se suonava. Il secondo è che per quanti mp3 tu possa mettergli dentro, li eseguirà sempre nella stessa sequenza e allo stesso volume. Non c’è modo di regolare niente.
Svegliarsi con poche note soffuse di pianoforte e una voce delicata è piacevole. Spesso piacevole. Tranne quando quella voce descrive i tuoi pensieri. Li descrive esattamente. E non sono affatto i pensieri che vorresti, anzi sono proprio quelli che stai cercando di allontanare. Questo però non è un difetto della sveglia, è un difetto intrinseco di tutto quel sistema assai complesso che chiamiamo vita. Poi ti lavi, ti vesti, sali in macchina e vai al lavoro e ti chiedi: se la felicità vera è solo quella che puoi condividere (e questo è molto vero), la tristezza vera qual è? È proprio l’opposto? È quella che ti tieni dentro, quella in cui maceri da solo?
In attesa della risposta, guardo in alto e vedo nuvole cariche di pioggia. Mal comune, mezzo gaudio.
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