Faccio i lavori in casa. Ok. Devo attaccare il bastone per le tende appena comprate. OK. Devo fare qualche buco sul muro. Ok. Prendo le misure. Ok. Poi voglio fare il pignolo e decido di verificare di non invadere il cassone della persiana. Tolgo il celetto. Dentro è buio. Vedo una sporgenza di cemento, con un po’ di buchi. Il tempo di pensare “ma che diavolo è? Sembra un alveare” e vedo una simpatica ape, pelosa e fiera, entrare in uno dei fori. Faccio finta di niente e richiudo il celetto.
E penso.
E Rifletto.
E provo a trarre conclusioni.
E fallisco.
Velocemente mi tornano in mente gli avvistamenti di api degli ultimi tempi e il cadavere di imenottero trovato nel secchio della vernice. Ma proprio sicuro che fosse un’ape? Boh. In fondo è stato un avvistamento fugace, forse ricordo male, forse ho visto solo quello che volevo vedere. Cerco risposte sul balcone. Ne trovo una bella consistente. Mi ronza attorno, poi si posa sul muro, si insinua fra il muro e la persiana. Era un’ape, al di là di ogni dubbio ragionevole.
Cosa fare? Chi chiamare?
Per ammazzarle so tutto, basta un qualche idrocarburo... un po’ di benzina, anche della banale acquaragia, ne metti un po’ in un contenitore aperto, vicino all’alveare e i vapori di benzina fanno il lavoro sporco.
Non tutti sanno che le api sono però una specie protetta, si tratta infatti di insetti fondamentali per l’ecosistema, non vanno uccise, se rompono le palle devono essere traslocate. Chi si chiama? I pompieri, che arrivano armati di apicoltore che scippa nido e colonia trapiantando il tutto in luoghi più consoni.
Chiamiamo i pompieri.
“Guardi, c’è stata una tromba d’aria, non può venire nessuno, siamo dietro tutte le segnalazioni che ci sono arrivate. Riprovi, sarà più fortunato”.
Il giorno dopo ci si riprova.
“No, non veniamo. Poi noi le faremmo fuori, chiamate un apicoltore”.
Non so voi, ma io di apicoltori non ne conosco. Allora ho chiamato il FAI, Federazione Apicoltori Italiani, dove una signorina molto gentile mi ha spiegato che gli apicoltori non vanno nelle case e che devo chiamare la protezione civile. Mi mette anche in guardia dal fatto che la protezione civile potrebbe anche dirmi di chiamare il FAI, ma io dovrò essere irremovibile.
Chiamo la protezione civile, vengo sballottato fra 5 interni, rimandato al centralino della Regione Lazio, ripassato alla protezione civile e poi al nucleo operativo della stessa. Qui mi dicono che loro ne sanno poco e che forse il Comune ha dei programmi appositi.
Chiamo il Comune di Roma dove una gentilissima operatrice si fa davvero in 4, ma alla fine può solo suggerirmi di chiamare un cellulare del WWF o l’Associazione Nazionale Apicoltori.
Al cellulare del WWF parte una segreteria telefonica. L’ANA si rivela essere di nuovo il FAI... qui almeno mi spiegano il problema: esisteva una convenzione fra la Regione Lazio (e quindi la protezione civile) e gli apicoltori che prevedeva proprio la soluzione al mio problema, purtroppo la Regione non ha onorato i suoi impegni (deduco monetari) e quindi gli apicoltori hanno sciolto la convenzione. E per le api? Provi a sentire il WWF.
Chiamo il WWF, risponde un’altra signorina, le racconto tutto e s’incazza. Non è possibile che tutti se ne freghino, le api sono importanti, una risorsa insostituibile, gli apicoltori hanno tutto da guadagnarci. Mi dice di chiamare il WWF Umbro perché lì ci sono tanti apicoltori o, in alternativa, quello del Lazio.
In Umbria non risponde nessuno.
Nel Lazio mi fanno lasciare il numero di telefono, forse, tramite contatti personali, riescono a mettermi in contatto con un apicoltore e darmi una soluzione.
A presto con il seguito, se ce ne sarà uno...
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