Citazione

venerdì 18 settembre 2009

scoperte


La guerra è guerra, anche se la chiami missione di pace.

Ciclicamente scopriamo che in guerra si muore. Ci viene venduto come un vero e proprio scoop.

Come mai quando a morire come cani sono dei semplici lavoratori a salario minimo non c'è lo stesso cordoglio a reti unificate fatto di proclami, prime pagine, bandiere, impegni seri e funerali di stato? Stranamente è considerata più sensazionale e assurda la morte di un soldato (in guerra) rispetto a quella di un muratore in cantiere.

E l’uso del termine “eore”? Ne vogliamo parlare? Io sapevo che l’eroe era quello che, a rischio della propria incolumità, riusciva a fare qualcosa di dannatamente buono. Che ne so, è un eroe quello che corre nudo fra le linee nemiche per aiutare un compagno caduto a terra e bersaglio dei cecchini. È un eroe quello che affronta un nemico molto più grande di lui. Si, concordo che anche in questi casi la retorica è quasi alle stelle. Oggi si scopre che l’eroe è il soldato che muore, indipendentemente da quello che stava facendo, nonostante la morte sia, diciamo, uno degli incerti del suo lavoro.

Farsi il culo 15 ore al giorno per mettere insieme pranzo e cena è meno eroico che girare per l'Afghanistan con un fucile d'assalto avendo accettato soldi in cambio del rischio di fare da bersaglio all'estero. E questo è un maledettissimo fatto incontrovertibilmente sotto gli occhi di tutti.

Voglio sminuire la morte di 6 ragazzi? No. Voglio che le cose vengano chiamate col loro nome: sono 6 vittime di guerra. E se "guerra" non si può dire, sono sei morti sul lavoro. Esattamente come gli operai che continuano a morire come mosche spesso per colpa di padroni che vogliono risparmiare.

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