Proseguo per chi ha tempo da perdere.
Non sono uno di quelli che cerca la corrispondenza fra un film e il libro da cui è tratto, se voglio una cosa come l'originale mi leggo l'originale.
Il
film è altro. Per fare un film occorre scegliere e decidere e penso che il tono
scelto per lo Hobbit sia adeguato. Il problema vero è che Jackson non sente più il peso del compito: con il Signore Degli Anelli aveva ben chiaro che se avesse
toppato qualcosa lo avrebbero impiccato.
Nonostante questo ci ha rifilato scene
fastidiose (lo skateboard di Legolas e le mille mila morti finte di Frodo ve le
ricordate, si?) e, soprattutto, sacrificato un personaggio altrimenti molto
bello (Gimli) sull’altare della necessaria spalla comica pecoreccia.
Fatti la fama e poi ruba quanto ti pare, si dice da queste pari. E Jackson deve aver pesanto di essere ormai esente da giudizio. E sbraca.
Radagast il Bruno diviene Babbo
Radagast il Marrone, con tanto di cacata d'uccello in testa e dedizione ad acidi e canne. Tutto troppo caricato e soprattutto eccessivamente stucchevole la scena con la slitta.
Jackson si sente anche in diritto ad indugia per minuti infiniti in scene inutili tipo i
nani che tirano i piatti, tipo la fuga dagli orchi con la slitta, tipo le
grotte dei Goblin (fra l’altro in questo caso la soluzione finale è aberrante).
Ma non basta.
I maggiori delitti sono due, da una parte fa diventare da subito
Bilbo un eroe “moderno” che si sacrifica per ridare una casa ai nani e diventa
guerriero (e già sappiamo che nei prossimi due film invece si ricomincerà da capo, con lui che è una schiappa e coi nani che non gli credono), dall’altro vuole per forza strizzare l’occhio al “sequel” maggiore.
Gli
spettatori infatti già sanno che Saruman ha voltato gabbana, quindi deve già presentarlo
come tale (secondo Jackson), sputtanando di fatto un qualcosa che era evidente
ne La Compagnia dell’Anello, ovvero che il tradimento di Saruman coglie Gandalf
del tutto impreparato. L’unico effetto reale è che, dopo questo primo capitolo
di “prequel”, abbiamo il diritto di ritenere Gandalf, Galadriel e compagnia
bella dei poveri coglioni. Ma come? Passate 10 minuti a farvi gli occhietti con
lo sguardo di chi pensa “ok, dai, il vecchio è andato e s’è venduto l’anima al
dimonio, stiamo in campana e teniamolo d’occhio” e 3 film dopo Gandalf va
ignudo a chiedere consiglio proprio a lui dicendogli pure “sai, ho trovato
l’anello”? Insomma non è un problema di coerenza con il testo scritto, è un
problema di coerenza con il film stesso.
Preso comunque così, da solo, il film è divertente e fa il suo dovere, le irritanti scene di cui sopra sono ben pareggiate da alcuni aspetti positivi. Per fortuna.
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