Con la scusa di andare a vedere un concerto di sabato, mi sono sparato una simpatica 3 giorni Toscana. Viste, fatte, sentite e mangiate un sacco di cose, ma andrò con ordine.
Prima di tutto, i navigatori satellitari sono una truffa. Aggiornateli quanto vi pare, ma tanto, prima o poi, vi segnaleranno il cancello di una casa privata come unica via d’accesso alla piazza dove volete arrivare.
Punto secondo. La cucina di Sabatino chiude alle 22.30, quindi se arrivate entro le nove e mezza avete speranza di mangiare... è comunque consigliabile arrivare ancora prima, per evitare che i precedenti avventori si siano già finiti tutto. Noi siamo riusciti a mettere le mani sull’ultima fiorentina, invero piccina (7 etti in due), più fagioli all’uccelletto, più paglia e fieno al sugo.
Punto terzo. Nelle chiese fiorentine bazzicano delle guide volontarie. A Santa Maria Novella abbiamo beccato, con un bel colpo di fortuna, il signor Enrico. Il simpatico pensionato ha tenuto banco per 40 minuti illustrandoci molte delle meraviglie serbate in quel luogo. Trattasi di un’associazione che gestisce un’ottantina di guide che operano gratuitamente all’interno delle chiese. Credo di aver individuato un bel mestiere da fare dopo la pensione, valida alternativa alle parole crociate, direi.
Punto quarto. Pranzare da Mario è sempre una bella esperienza. Da Mario ci si siede dove c’è posto e si sta a tavola con gli sconosciuti. Questa volta ci ha fatto compagnia un panciuto alcolista greco. Mentre noi si diluviava un sacco di roba (zuppa di ceci, peposo, cantucci e vin santo per il sottoscritto), il tipo, fra una chiacchiera e l’altra, si è sparato un litrozzo di rosso. Ci ha raccontato di adorare Istanbul, che i cavalli posti sopra San Marco a Venezia vengono dalla Grecia e che un inglese ha scritto un libro dal titolo simile a “la storia in sei bicchieri”, in cui si ripercorre la storia del mondo basandosi sulle vicende legate alle bevande: birra, vino, alcol, caffè, the e coca cola. Il libro è questo.
Punto quinto. Alla Casa del Popolo non si mangia. Oltre 90 minuti ad aspettare un piatto di pasta (perché per la pizza si doveva aspettare più di mezz’ora...) con fuga finale. Ora è chiaro perché i DS abbiano perso le elezioni. Ho ancora visioni allucinanti della vecchia con maglietta di Che Guevara che gira smarrita con dei piatti cercando il numero 30. Chi c’era capirà.
Punto sesto. Il noto locale Siddharta è sito in uno dei luoghi più brutti al mondo, attorno solo la banda del coreano (direttamente dal Tufello) e un paninaro. Quest’ultimo ci ha venduto pane e porchetta... e forse il peggior panino della mia vita.
Punto settimo. Il paradiso esiste e si chiama Calorino. Sperduta nella Garfagnana (uscire dall’autostrada a Lucca e poi andare verso il parco della Alpi Apuane... non so altro) si trova una specie di casa delle streghe. Un casolare di quelli che sembrano abbandonati da tempo e che possono essere abitati solo da streghe o infernali bimbe albine vestite come bambole di porcellana degli anni 40 e dagli occhi bianchi. Calorino è più o meno un posto così. Attorno a questo fabbricato il lago delle trote e alcuni mastini infernali che girellano. Calorino si fa la corrente da sé: sul lato della casa c’è una ruota di mulino. Pare che l’Enel gradisca poco. Calorino presenta una cucina antica, contadina, da leccarsi i baffi. Ingurgitiamo nell’ordine: antipasto (salame, sanguinaccio, prosciutto e verdure sott’olio), primi (polenta dolce di castagne con pancetta fritta e affogata in vino rosso e tortelli di patate al sugo di carne), secondo (trota appena pescata alla brace e patate fritte), ci dimentichiamo da cretini del dolce (pare un superbo tiramisù che ancora mi sogno) e beviamo un beverone al gusto di caffè, il tutto condito da abbondantissimo ottimo pane e schiacciata fatta da Calorino medesimo. Il tutto per 12 euri.
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