Email
di meriti e giri di giostra
Meritare. È facile dire "quella non ti merita" ma, stringendo, che vuol dire? C'è una tabella da qualche parte che stabilisce i meriti nei rapporti umani e sentimentali? C'è un qualche metro, una scala?
Forse è tutto in proporzione a quanto dai? Tipo, sei dai tanto, devi legittimamente ricevere molto. Ma anche il "dare tanto" mica mi ha mai convinto. I perché non contano? E soprattutto questo tanto è in una scala assoluta o relativa? Se uno dà poco, ma è il massimo che può fare, è sempre poco o diventa tantissimo? E se uno dà tanto esclusivamente per tornaconto, per calcolo.... tipo, vengo a prenderti, ti porto l'acqua nelle orecchie, ti porto a cena, scompaio quando devo scomparire, però me la dai? Vale? Cosa merita uno così? Tanto o poco?
Oppure è una questione tipo specchio-riflesso, se dai poco (qualsiasi cosa voglia dire) meriti poco (qualsiasi cosa voglia dire, purché sia la stessa cosa di prima). Quindi uno che dà tanto per calcolo merita pari trattamento, uno che dà poco ma è il massimo che può fare merita lo stesso e via così? Magari è solo qualcosa che si dice per consolare qualcuno a cui vuoi bene e non vuoi dirgli “quella è una merdaccia fregatene”.
Non lo so, la frase "lei non ti merita" mi resta comunque oscura. Forse perché non ho mai pensato di meritare qualcosa ma mi sono limitato a prendere quello che trovavo, valutando di volta in volta quello che l'altra persona aveva a disposizione per me.
Il punto con Marta era proprio questo, sul piatto c'era qualcosa che non mi andava a genio. Poco spazio e poco tempo. Giusto o sbagliato che fosse, ci stavo stretto e ci stavo male. Quando scegli una compagna devi sentirti parte dello stesso mondo (e con Marta questo non succedeva), nel momento in cui ti rendi conto che hai remore a presentarle i tuoi amici, i tuoi familiari e non ti trovi a tuo agio con i suoi, c'è un problema e presto o tardi i nodi arriveranno al pettine.
Se scopri che la carne ha un brutto odore è inutile cucinarla sperando che in qualche modo le cose migliorino. Personalmente la penso così, a prescindere dalla fame. Meglio un pacchetto di patatine a quel punto.
Così dopo un po' di tempo, durante l'ennesimo silenzio radar di Marta, vista l'impossibilità di parlarle, le scrissi quello che pensavo in una romanticissima email; uno sproloquio per giunta con un tono un po' piccato in cui il succo era "mi sono rotto le palle". Non si fece sentire per un mese. Poi mi chiese di andare in un pub. Nulla era cambiato, stessi discorsi, stesso atteggiamento, nessun accenno a quanto le avevo scritto, né alla nostra relazione o frequentazione. Serata piacevole. Soprattutto quando mi chiese di salire da lei perché doveva farmi vedere una cosa.
La coda della relazione fu un po' lunga: ci vedemmo altre volte e non ci facemmo mancare qualche giro di giostra in memoria dei tempi andati. Per fortuna, a quel punto tutto rimase nell'ambito ludico, nessuno prese in giro nessuno e forse era quello che Marta voleva fin dall'inizio.
Forse avevo travisato tutto io. Forse non ci eravamo capiti. Forse era davvero incasinata. Forse era solo stronza. Forse ero io ad essere un illuso. Non ne parlammo mai, nemmeno successivamente, quando ci incontrammo in un pub, con le vite decisamente su altri binari, e lei definì il modo in cui mi aveva trattato come il più grande errore della sua vita.
CAPITOLO 18
Se non vuoi perderti gli aggiornamenti, scrivi la tua email lì a destra, dove c'è scritto FEED!
Comincia tutto così
Nessun commento:
Posta un commento