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lunedì 1 agosto 2016

LA RAZIONALITA' DEL COCCODRILLO #11


SBRAAAAAANG!
di sviste e brindisi

“Ti mando da solo a un concerto e tu scopi…” Commentò Nib
“no, veramente io non ho…”
“Mi sento inutile. Ti ho riempito la casa di patata per mesi e tu niente. Poi vai a un concerto e scopi”
“Ma io non ho scopato!”
“Non fa niente, è uguale, ormai è come se l’avessi fatto. Ti ha mandato un messaggio di sua volontà, è fatta! Sei davanti alla porta, il portiere è al cesso con la diarrea e il difensore più vicino è paraplegico e per quanto tu possa avere i piedi a banana non c’è verso di tirarla fuori. Cioè, sono sicuro che TU abbia il superpotere di mandare tutto a puttane…”
“Adoro quando riconosci le mie qualità!”
“Venerdì vengo anch’io, devo evitarti di essere te! Ora brindiamo!”
“Brindiamo una sega, al massimo mi versi altro vino, il risultato a casa ancora non l’ho portato. E poi mica l’hai ancora conosciuta. Magari la trovi un cesso a pedali o simpatica come un cancro al colon e maledici il giorno in cui hai voluto festeggiare!”

La settimana trascorse tranquillamente e mi ritrovai così al concerto dei Vatussi Rudi, con 2-3 ore d’anticipo e un Nib ben più carico del sottoscritto. Nessun segnale da Marta, nessun tentativo da parte mia di darci un appuntamento, un luogo di ritrovo, una qualche coordinata spazio-temporale per ritrovarsi in mezzo al migliaio di persone previste dall’organizzatore. Nel frattempo ci raggiunsero altri amici e amiche del tutti ignari che a me, alla fine della fiera, dei Vatussi Rudi non è che fregasse poi troppo a quel punto.

Giravo come un bimbo smarrito in un centro commerciale guardando la gente seduta, la gente in piedi, l’ingresso, nella speranza di vedere Marta. Mi resi conto che non ricordavo nemmeno più come fosse fatta benché fossi sicuro che l’avrei riconosciuta una volta rivista. Ed ecco che la vidi.

“Nib, è tutto finito”
“L’hai trovata?”
“Sì, è là su, seduta, vicino l’angolo, sulle gradinate”
“E che fai ancora qui?”
“È con uno…”
“Magari è il fratello, un amico, un rompipalle, uno che chiedeva l’ora, hai visto male?”
“Non saprei, li ho però visti infilarsi ripetutamente la lingua in bocca, dici che è un indizio?”
“...”
“E comunque aveva una maglietta dei Vampiri Sudici Infami, meglio perderla che trovarla”
“Puoi dirlo forte, andiamo sotto il palco che fra un po’ cominciano, va!”

Ero deluso, decisamente deluso. Soprattutto da me stesso perché un po’ c’avevo creduto e invece lo dicevo io che non voleva dire nulla. Però…
SBRAAAAAAANG! Però un cazzo. Una schitarrata mi riportò alla realtà. Il bello del rock è anche questo, basta un accordo di chitarra buzzurro e sguaiato a rimettere le cose nell’ordine corretto, a portare la pace nella mente, a far aderire i piedi a terra. La band di supporto dei Vatussi erano gli Angeli Defunti, un caro gruppo della mia adolescenza, e cominciarono a pestare duro. Mi buttai nella bolgia, finché, durante una pausa fra un pezzo e un altro non mi sentii toccare un braccio. Non era il tocco di un energumeno sudato in trance agonistica da concerto, questo lo capii subito, era chiaro. Mi voltai. Era Marta. E non aveva la maglietta dei Vampiri Sudici Infami. E aveva anche dei capelli diversi dalla Marta-che-fa-lingua-in-bocca-con-uno. E anche una corporatura diversa.

Ci scambiammo saluti e abbracci (il suo estremamente carico, il mio un po’ distaccato da gentleman inglese del secolo scorso) mentre il capellone sul palco blaterava di quanto avesse desiderato da sempre stare su quel palco, che eravamo il suo paese preferito, che eravamo il pubblico migliore del mondo, che pasta, pizza, mandolino e baffi neri erano la sua ragione di vita. Ripresero a suonare, ci scatenammo nel mucchio selvaggio fino all’ultima canzone.

Durante la pausa necessaria a preparare il palco all’avvento dei Vatussi Rudi, ci andammo a prendere una birra, ci sedemmo lungo un corridoio, brindammo agli Angeli e iniziammo a chiacchierare.

Capitolo 12


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