SBRAAAAAANG!
di
sviste e brindisi
“Ti mando da solo a un
concerto e tu scopi…” Commentò Nib
“no, veramente io non ho…”
“Mi sento inutile. Ti ho
riempito la casa di patata per mesi e tu niente. Poi vai a un concerto e scopi”
“Ma io non ho scopato!”
“Non fa niente, è uguale,
ormai è come se l’avessi fatto. Ti ha mandato un messaggio di sua volontà, è
fatta! Sei davanti alla porta, il portiere è al cesso con la diarrea e il
difensore più vicino è paraplegico e per quanto tu possa avere i piedi a banana
non c’è verso di tirarla fuori. Cioè, sono sicuro che TU abbia il superpotere
di mandare tutto a puttane…”
“Adoro quando riconosci le mie
qualità!”
“Venerdì vengo anch’io, devo
evitarti di essere te! Ora brindiamo!”
“Brindiamo una sega, al
massimo mi versi altro vino, il risultato a casa ancora non l’ho portato. E poi
mica l’hai ancora conosciuta. Magari la trovi un cesso a pedali o simpatica
come un cancro al colon e maledici il giorno in cui hai voluto festeggiare!”
La settimana trascorse
tranquillamente e mi ritrovai così al concerto dei Vatussi Rudi, con 2-3 ore
d’anticipo e un Nib ben più carico del sottoscritto. Nessun segnale da Marta,
nessun tentativo da parte mia di darci un appuntamento, un luogo di ritrovo,
una qualche coordinata spazio-temporale per ritrovarsi in mezzo al migliaio di
persone previste dall’organizzatore. Nel frattempo ci raggiunsero altri amici e
amiche del tutti ignari che a me, alla fine della fiera, dei Vatussi Rudi non è
che fregasse poi troppo a quel punto.
Giravo come un bimbo smarrito
in un centro commerciale guardando la gente seduta, la gente in piedi,
l’ingresso, nella speranza di vedere Marta. Mi resi conto che non ricordavo
nemmeno più come fosse fatta benché fossi sicuro che l’avrei riconosciuta una
volta rivista. Ed ecco che la vidi.
“Nib, è tutto finito”
“L’hai trovata?”
“Sì, è là su, seduta, vicino
l’angolo, sulle gradinate”
“E che fai ancora qui?”
“È con uno…”
“Magari è il fratello, un
amico, un rompipalle, uno che chiedeva l’ora, hai visto male?”
“Non saprei, li ho però visti
infilarsi ripetutamente la lingua in bocca, dici che è un indizio?”
“...”
“E comunque aveva una
maglietta dei Vampiri Sudici Infami, meglio perderla che trovarla”
“Puoi dirlo forte, andiamo
sotto il palco che fra un po’ cominciano, va!”
Ero deluso, decisamente deluso.
Soprattutto da me stesso perché un po’ c’avevo creduto e invece lo dicevo io
che non voleva dire nulla. Però…
SBRAAAAAAANG! Però un cazzo. Una
schitarrata mi riportò alla realtà. Il bello del rock è anche questo, basta un
accordo di chitarra buzzurro e sguaiato a rimettere le cose nell’ordine
corretto, a portare la pace nella mente, a far aderire i piedi a terra. La band
di supporto dei Vatussi erano gli Angeli Defunti, un caro gruppo della mia
adolescenza, e cominciarono a pestare duro. Mi buttai nella bolgia, finché,
durante una pausa fra un pezzo e un altro non mi sentii toccare un braccio. Non
era il tocco di un energumeno sudato in trance agonistica da concerto, questo
lo capii subito, era chiaro. Mi voltai. Era Marta. E non aveva la maglietta dei
Vampiri Sudici Infami. E aveva anche dei capelli diversi dalla
Marta-che-fa-lingua-in-bocca-con-uno. E anche una corporatura diversa.
Ci scambiammo saluti e abbracci
(il suo estremamente carico, il mio un po’ distaccato da gentleman inglese del
secolo scorso) mentre il capellone sul palco blaterava di quanto avesse
desiderato da sempre stare su quel palco, che eravamo il suo paese preferito,
che eravamo il pubblico migliore del mondo, che pasta, pizza, mandolino e baffi
neri erano la sua ragione di vita. Ripresero a suonare, ci scatenammo nel
mucchio selvaggio fino all’ultima canzone.
Capitolo 12
Se non vuoi perderti gli aggiornamenti, scrivi la tua email lì a destra, dove c'è scritto FEED!
Comincia tutto così
Nessun commento:
Posta un commento