Jon Grumo
di ipotesi e canzoni
A parole e con Nib ero bravo a fare il fenomeno. La storia del coccodrillo non so nemmeno da dove mi fosse venuta. Ero orgoglioso di me stesso. Ma erano solo idee, parole, proiezioni di qualcosa a cui non sapevo se fossi capace di tener fede.
Forse avevo semplicemente descritto quello che avrei voluto essere oppure stavo gettando le fondamenta di un bel castello di idee elevate dove ripararmi in modo che il fallimento non fosse colpa mia.
Invidiai Nib, lui sarebbe andato al punto. Entrambi non eravamo troppo portati per la strategia, lui però riusciva a mantenere un approccio diretto, senza strafare. Metteva semplicemente le cose in chiaro, del tipo “io sono io, voglio te e non accetto un no”. E funzionava. Non ricordo sia mai stato rifiutato. Mai. Eppure dopo un po’, spento il fuoco, finiva tutto, spesso male.
C’era una correlazione o lui, semplicemente, puntava sempre su quelle sbagliate, distratto magari da una quinta o da un bel paio di chiappe?
Non arrivai ad una risposta perché Caterina si fece largo nei miei pensieri. La immaginai tornare a casa, chiudere la porta piano, e al buio lasciare le chiavi in uno svuota tasche, togliersi il cappotto, appenderlo a un attaccapanni, togliersi le scarpe e andare al bagno cercando di non far rumore. La immaginai chiudere la tazza con un’espressione di fastidio. Sedersi, rannicchiandosi con le ginocchia al petto e restare lì, a riordinare i pensieri, magari riscorrendo i messaggi del pomeriggio sul cellulare.
Si sarebbe lasciata cullare dal ricordo o si sarebbe fatta sopraffare da un subdolo senso di colpa? Avrebbe pianto? Avrebbe sorriso? Non potevo saperlo. Di una sola cosa ero certo, comunque fosse andata, ad un certo punto, sarebbe andata in camera da letto, si sarebbe spogliata e infilata sotto le coperte. Di fianco all’Idiota. L’ultimo pensiero mi fece male. Capii però che non dovevo “distogliere i pensieri”, dovevo accettare la situazione se volevo mantenere un equilibrio fino alla fine, qualunque essa fosse. Dovevo accettare che lei sarebbe tornata da lui ogni sera, che si sarebbe svegliata al suo fianco, che lo avrebbe carezzato, che si sarebbero baciati, che magari avrebbero fatto l’amore. Magri solo sporadicamente, controvoglia, senza alcuna soddisfazione reciproca magari a causa di alcune precocità estreme di lui...
Ma quale sarebbe stato il mio ruolo? Io sarei stato un tarlo? Un’idea fissa? Una speranza? Un senso di colpa? Una crepa destinata a far crollare il muro o ad essere imbrigliata dallo stucco?
Le mandai un messaggio. “Buonanotte” scrissi. Alla faccia del coccodrillo che aspetta il momento propizio per scattare. Nemmeno il tempo di sentirmi un cretino, ed ecco la risposta:
vorrei essere ancora in macchina con jon grumo che canta per noi
Non riuscii a trattenermi dal rispondere “as no good reason remains, I'll do the same...”, una strofa della canzone a cui faceva riferimento. Sapevo che non dovevo continuare, che era meglio interrompere lì lo scambio di messaggi. Ma era come averla di nuovo vicino a me e lontana dal letto dell’Idiota. Sapevo di tirare un filo sottile, sapevo che se si fosse rotto non avrei più potuto ripararlo. Ma ormai il danno era fatto. Decisi di non rispondere altro. Sperai che anche lei condividesse il mio stato d’animo. Rispose con un’altra strofa della canzone “...One day a ship comes in. Buonanotte”. Scelta a caso? Fortissimamente voluta? Curioso che fra la strofa scelta da me e quella scelta da lei ci fosse in mezzo un “thinking of you”.
Sì, lo ammetto, ero in disgustoso tunnel da pattume romantico e non facevo altro che supposizioni. Inutili supposizioni. Una cosa sola era certa: era sveglia, col cellulare in mano e il mio messaggio non l’aveva in alcun modo presa in contropiede, quindi era ancora lontana dall’Idiota.
CAPITOLO 26
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