Looisona
Ritirata la bici. Tutto bellissimo. A parte la sensazione di inabilità. 20 anni, più o meno, senza mettere le chiappe su un sellino un po’ si sentono. Una volta imparato a pedalare senza rotelle non te lo scordi. Sarà che è forse l’evento più violento e traumatico della vita di ogni maschio. Ricordo in proposito il babbo che mi lanciava per il corridoio di casa. Avevo una saltafossi gialla ereditata da una sorta di cugino collaterale di grado incalcolabile. E il pavimento in marmo. Marmo bianco. Molto elegante. Duro. Ma duro duro duro. E se non finivo sul pavimento mi spalmavo prima su una parete, su un termosifone o sulla robustissima porta d’ingresso. Il corridoio era largo, a prendere bene le distanze potevo pure fare inversione senza togliere i piedi dai padali. Ma io non ci sapevo andare.
E insomma, chi se lo scorda più? Quello che viene meno è l’attenzione al mondo esterno. Ti senti inadatto e pure un po’ ridicolo, lì, abbarbicato su quel trabiccolo mentre vedi sfrecciare automobili mortifere tutto intorno a te.
Allora sono tornato a casa col treno. Mi hanno pure controllato il biglietto. A me e a Looisa. Looisa o Looisona è la bici, non pensate cose strane. E comunque, poi, furtivamente, approfittando della calma postprandiale del sabato, ho fatto il mio benedetto giro di prova.
La prima sensazione è di libertà. Vuoi andare in un posto? In poche pedalate arrivi dove non eri mai giunto prima. La curiosità e l’improvvisazione prendono il sopravvento. Mi sono ritrovato a sfrecciate come il falco della strada per strade mai percorse fermato solo da vicoli ciechi.
Il giorno dopo ho unito l’utile al dilettevole e sono andato al supermercato. Ganzo. Molto ganzo. Anche se il sensazione di precarietà ancora un po’ permane. Ed è stato anche il battesimo di Looisona con la pioggia.
Il prossimo step è abbandonare ogni indugio, lanciarsi a capofitto nel traffico e affrontare il viaggio per l’ufficio. Se non avrete più notizie di me sappiate che vi ho voluto bene. Forse.
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