Il nemico del mio nemico
Il vero nemico del ciclista capitolino non sono le macchine, non sono i motorini, non sono i pedoni coi cani a spasso nelle ciclabili, non sono le salite e non è nemmeno il traffico. Il vero nemico del ciclista capitolino è il Comune di Roma.
È mattina, è questa mattina, e sono come di consueto sulla ciclabile di via del foro italico, verso la fine, verso la salaria. Succede che la pista è nelle consuete infami condizioni di un dopo pioggia e pazienza se dalla pioggia sono passati un po’ di giorni. In terra è pieno di pezzi di foglie, piante, spore muffe e funghi. Tanto il cemento verniciato è viscido di suo, le foglie peggio non fanno e poi uno allo zozzo ci fa un po’ l’abitudine.
Ad un tratto, in lontananza vedo un tipo della nettezza urbana con giubino arancione che lavora. Ogni raro si trova gente che lavora. Potano, puliscono. Gocce nel mare. Altrimenti non ci si sentirebbe come in quei film dove dei malcapitati arrivano in una città abbandonata dopo una tragedia nucleare dove tutto è rotto, vecchio e scassato e le piante hanno invaso la qualunque.
Insomma, c’è questo che lavora e rallento. Fra le mani ha un’enorme pala, tipo quelle da neve, che usa per raccogliere il fogliame ancora umido da terra. Usa una tecnica da gatto delle nevi: pala ferma in terra e spinge. In realtà non sembra raccogliere molto, lì ci sono strati e strati di roba che se li analizzi forse fai pure scoperte importanti, di quelle che finiscono su Nature, tipo. Quindi riusciva a raschiare lo strato superficiale e stop.
Comunque scampanello, lo supero a passo d’uomo, e proseguo. Riprendo velocità, la strada è in leggera discesa e gira verso destro. A metà della curva scorgo un individuo a pochi metri di distanza vestito da apicoltore (ovvero con una tuta bianca che lo copre dalla testa ai piedi) e con un tagliaerba in mano. Sulla pista quintali di erba appena tagliata e soprattutto bagnata. Il tipo non sembra vedermi e sentirmi. Freno. E provateci voi a frenare su cumuli di erba umnida appena tagliata. La bici slitta, io volo via. Atterro, un’agile capriola e sono apposto. Beh’ più o meno.
L’apicoltore mi soccorre. Mi chiede se mi sono fatto male. Dico di no, che sto bene, che non ho mai avuto carie in vita mia ma che dovrebbero mettere un avviso, che qualcun altro si farà male. Risponde che “c’è il mio collega con la pala”. Come se vedere un uomo con una pala che raccoglie foglie sia sufficiente per capire che più avanti si troveranno un fottuto apicoltore in agguato e la pista ingombra di infida erba bagnata.
Looisona invece ha avuto la peggio. Forcella piegata. E mannaggia ai cantieri non segnalati e anche a qualcun altro. Lui lo sa. E tace.
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