Automobile
di risse a Gene Simmons
Scesi le scale a piedi, sentendo
in lontananza i vari “non-ti-preoccupare son-cose-che-succedono
alla-fine-siam-stati-bene-si-risolve-tutto” di circostanza di quei vigliacchi
che si accomiatavano dall’Idiota.
Mi sentivo ingiustificatamente
sicuro di me. In effetti, più riflettevo sull’accaduto, più mi sembrava di aver
gestito bene la situazione. Nib aveva fatto il Nib (me lo avrebbe fatto notare
sicuramente a casa). Io avevo evitato che venisse malmenato (cosa che gli avrei
rinfacciato). Lui mi aveva evitato di insultare l’idiota anticipandomi e
risparmiandomi problemi con Caterina che era riuscita a tirargli fuori il
peggio davanti a testimoni tutto da sola. Mi sentivo Rocky dopo la corsa in
salita sulla scalinata.
Nella mente già mi figuravo i
pettegolezzi.
“Caterina ha lasciato
l’Idiota”
“Beh, puoi biasimarla? Ti
ricordi come l’ha trattata davanti a tutti?”
“Sì è stato proprio uno
stronzo… dovrebbe ringraziarla… io non lo avrei semplicemente lasciato… gli
avrei almeno fatto dei danni o lo avrei sputtanato… magari lo avrei fatto
pestare di brutto!”
“Beh, ma tu non lo avresti
nemmeno deriso davanti a tutti”
“Forse hai ragione… però… ma
te li ricordi quei calzoni?”
“Ma guarda che costano un
sacco!”
“Ok, ma facevano schifo, poi
addosso a lui…”
“Vero… in effetti tu non
avresti mai sopportato uno vestito in quel modo ridicolo!”
“Già, vedi? Ha fatto proprio
bene a lasciarlo… e poi ora sembra così felice”
“Beh, lui la tratta come
merita, la invidio proprio”
“Anch’io, non avrei mai
pensato…”
“Ma nemmeno lei!”
“Ahahahahha ma allora è vero
che si sono incontrati per caso in giro?”
“Così mi hanno raccontato!”
“Che storia!”
Eccetera eccetera.
Immerso in questi bei voli
pindarici della mente scesi le scale e arrivai al portone. Lo aprii. Uscii.
C’era Caterina accucciata, con la schiena poggiata al muro del palazzo che
piangeva. Il viso nelle mani.
“Ti va di parlare?”
“Vai via!”
“Io me ne vado, ma sappi che
ora arrivano Lorenzo, Bruno, Beatrice e quello inquietante senza sopracciglia…”
Un accenno di sorriso
“Oliviero?”
“Lui!”
“Perché sei solo?”
“Sono andati via quasi tutti e
i reduci si sono attardati in salamelecchi al padrone di casa”
Parlando si era alzata. Aveva
il trucco degli occhi colato e impiastrato su tutta la faccia.
“Sembri uno dei Kiss dopo una
rissa”
Sorrise.
“Cretino”
Risi anch’io porgendole un
fazzoletto.
“Se vieni in macchina ho le
salviette umide e uno specchio”
Ci avviammo svelti verso la
macchina, girato l’angolo sentimmo il portone aprirsi e l’allegra compagnia
uscire. Caterina accelerò il passo.
Avevo trovato posto un po’
distante, mentre raggiungevo il veicolo mi resi conto che mio fratello era
scomparso lasciandomi le chiavi. Confidai che, alla bisogna, mi avrebbe chiamato.
Camminammo senza parlare,
guardando avanti, a passo svelto. Aprii la macchina, ci sedemmo e chiudemmo le
portiere. Aprii il bauletto e le passai le salviette, le prese e abbassò il
parasole.
“Puoi accendere la luce?”
“Sì, scusa…” e accesi.
“Oh Madonna!” esclamò e si
mise a ridere
“Come hai fatto a rimanere
serio? Sembro davvero Gene Simmons dopo una rissa!”
“Per me sei carina anche
conciata così… almeno più Gene”
Non rispose, fece finta di
nulla, restò concentrata a eliminare le tracce di trucco dal viso.
“Stai un po’ meglio?”
“No… e non mi ci far pensare
che piango di nuovo…” e si mise a piangere. Questa volta appoggiata sulla mia
spalla.
L’improvvisa vicinanza mi
destabilizzò. Stavo andando bene fino a quel momento, mi sentivo di essere
stato bravo a rispettare spazi e ruoli. Ma così era un casino, entrai in uno
dei miei loop. Cosa avrei dovuto fare? Maledissi di non essere Nib, lui non
avrebbe pensato, avrebbe agito, fatto la cosa giusta, l’azione perfetta. Io no,
io ero lì a pensare che abbracciandola sarei passato per quello che se ne
approfittava, restando fermo mi avrebbe preso per indifferente.
So quello che pensate ma da
fuori o a posteriori siamo davvero tutti bravi. Sul momento sei in confusione,
il sangue freddo non ce l’hai più da un pezzo e sei stanco degli sforzi che fai
per simularlo. Pensi tutto e il contrario di tutto, conscio che tanto
sceglierai di fare la cosa sbagliata.
L’abbracciai e la tenni stretta, ignorando il fastidio
che solo avere un volante e un cambio fra i piedi può procurare. Ma non provai
a fare altro, mi faceva pena. Intendo non in senso negativo, pena in senso di
tenerezza. Piano piano smise di piangere.
CAPITOLO 29
CAPITOLO 29
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