Citazione

lunedì 12 dicembre 2016

LA RAZIONALITA' DEL COCCODRILLO #29

Poeta
di biscotti e imbarazzo

La mattina mi svegliai di pessimo umore.
Normalmente appena sveglio non sono il massimo della civiltà. Appena sveglio non vorrei mai essermi svegliato. Appena sveglio maledico il sole che girando ha fatto capolino. Appena sveglio maledico il gallo, le sveglie, gli orologi. Appena sveglio odio tutti, soprattutto chi cerca di farmi parlare, chi vuole interagire, chi cerca di ricordarmi che fuori di me c’è un mondo.

Il bello di vivere con tuo fratello è questo. Sei con uno che se non è identico a te almeno ti conosce dalla nascita ed evita di romperti le scatole appena sveglio.

Quella mattina ero di umore peggiore del solito.

Mi alzai dal letto, mi sistemai i calzoni del pigiama, misi le ciabatte e andai in bagno. Una regola mia e di Nib in casa è che se siamo io e lui, non si tira lo sciacquone se uno dei due sta dormendo. In fondo è solo acqua sporca. Meglio un po’ di acqua sporca nel cesso che essere svegliati prima del dovuto. Feci quello che dovevo fare, lasciando tutto lì. Uscii dal bagno con calma, grattandomi i gioielli di famiglia. Non fate finta di niente, è un gesto irresistibile per qualsiasi maschio, specie appena alzati.

Strusciando le ciabatte, feci per entrare in cucina. Sulla soglia, mi cadde addosso qualcosa di morbido e caldo mentre alle mie orecchie arrivavano frequenze fuori posto. Avete presente? In un contesto che conoscete bene non fate più attenzione ai rumori. Ad esempio, nel traffico siete abituati a sentire i soliti rumori: motori, clacson, sgommate. Non prestate particolare attenzione. Non li sentite più. Ma immaginate di accendere il motore e sentire un muggito. Ecco. Quello lo sentireste per bene, vi arriverebbe come una nota stonata.

Come mi succede quando sono ancora assonato, avevo il cervello più lento del normale. Vedevo il mondo al ralenti. E mentre le cose mi accadevano riuscivo a speculare, a farmi domande e a rispondermi come se stessi guardando la vita di qualcun altro alla moviola. Le frequenze fuori posto erano una voce femminile che diceva una cosa come “hey maschiaccio” e la cosa morbida su cui ero impattato era un petto… o meglio… era proprio un bel paio di tette che spuntava da una camicia aperta. Era una camicia di Nib. La conoscevo. Gliel’avevo regalata io. Un po’ sopra le tette, nascosta da cappelli biondi spettinati, c'era una bocca con un’espressione sorpresa che si stava trasformando in un sorriso mascalzone.

Quel sorriso lo riconobbi: era una delle conquiste serali di Nib. A parte la camicia, evidentemente troppo grande, era nuda e con un pacco di biscotti in mano. Davvero un bello spettacolo.
Non mi venne niente di meglio da dire se non:

“Devo tirare l’acqua del cesso”

 Mi girai, entrai in bagno, tirai l’acqua e tornai indietro. Lei era sempre lì.

“Sei un poeta, quindi”

Ignorai la provocazione.

“E tu non hai freddo?”

Anche lei ignorò la mia. Provai a toglierla dall’imbarazzo: le dissi che poteva tornare da mio fratello.

“E se restassi a farmi scaldare da te? Mi sembri contento all'idea” lo disse ammiccando con aria maliziosa verso gli evidenti sommovimenti che mi animavano il cavallo dei calzoni.

“Andiamo a mangiare quei biscotti di là”

La presi per mano e la portai in camera.

E sì. Mangiammo anche i biscotti. E ci scaldammo nella maniera più antica, strofinandoci l’uno sull’altra come se fossimo dei bastoncini per accendere il fuoco.

Fu una cosa decisamente meccanica, almeno da parte mia. Meccanica e imbarazzata. Più imbarazzata che meccanica.

Non sono uno da sesso occasionale, senza un benché minimo coinvolgimento emotivo mi manca ogni curiosità di scoperta. Con Lucrezia feci quello che dovevo, senza remore e timidezza o particolare trasporto. Non mentirò dicendo che il suo fare strafottente e malizioso non avesse fatto colpo e che lì per lì non fosse divertente. Però poi divenne imbarazzante. A un certo punto mi ritrovai a pensare al fatto che avesse passato la nottata con Nib. Ripensai alla notte con Caterina e questo mi fece ricordare perché m’ero svegliato di cattivo umore. A questo, per essere davvero onesti, andrebbe anche aggiunta quell'invidia che provavo da sempre per Nib. Io trattato a merda, lui ubriaco che si fa riportare a casa da una maiala che resta a rimboccargli le coperte.

Lei sembrò non accorgersi particolarmente di tutto questo mio turbamento. Potrei dire che fu soddisfatta di quello che trovò anche se non era proprio quello che cercava. Ma non lo dirò, so bene quanto è facile far credere a un maschio di essere il più grande macho sulla faccia della terra.
Mi disse che capita a tutti di fare cilecca ma non con lei.

“Beh, vaffanculo, ora sì che va meglio”
“Grazie anche a te!”

Poi si girò su un fianco e si mise a dormire io mi rimisi i miei calzoni di pigiama, la mia maglietta e tornai in cucina, col pacco di biscotti in mano, deciso a fare colazione.

In cucina trovai Nib e una mora. Riconobbi anche lei: era sempre una di quelle della sera prima. Pensai per un momento alla nottata intensa di mio fratello e mi sentii come uno sciacallo che banchetta con gli avanzi di una preda uccisa da qualche fiera più grande. Dall'imbarazzo nei loro occhi, mi resi anche conto di aver interrotto qualcosa. Salutai, lasciai i biscotti sul tavolo e tornai in camera sbuffando.

Lucrezia ora era sotto le coperte, rannicchiata. Appena mi sedetti sul letto si girò e mi cinse la vita.

“Con tuo fratello non ho fatto niente… mi sono addormentata sul divano appena arrivati qui… poi gli ho rubato una camicia e mi sono messa più comoda” disse d'un tratto con una voce da gatta che fa la fusa e gli occhi chiusi “e mi sa che è andata bene così…ieri eri proprio carino… anche se m’ignoravi…”

Ieri. Dedussi che in pigiama, spettinato, di umore ritorto e con l’alito degno di un gatto morto causa indigestione da topi e marci perdevo punti.

Che non avesse fatto nulla con mio fratello mi migliorò l’umore, immediatamente, mentre mi mettevo più comodo, mi dissi che Lucrezia non era quello che cercavo, che volevo Caterina e non una ragazza di quel tipo, sebbene trovassi estremamente sexy ed intrigante, oltre alla sua voce, il suo modo di muoversi, guardarmi e accoccolarsi attorno a me.


Non voglio descrivermi migliore di quello che sono stato (o che sono), perché i pensieri sono più lunghi da leggere e scrivere che a passar per la testa. Dall'esterno si sarebbe detto che mi arresi subito e che non feci nulla per dissuadere Lucrezia. E in fondo è così, i pensieri contano poco se non servono a darci la forza per opporci a quello che sentiamo di non dover fare. I pensieri che m'invitavano alla cautela sfumarono nel “io intanto me la godo, pareggiamo i conti... alla faccia di Caterina e di Nib ubriaco che si fa riportare a casa da due maiale che restano a rimboccargli le coperte!”

CAPITOLO 30

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