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lunedì 2 gennaio 2017

LA RAZIONALITA' DEL COCCODRILLO #32


Il Locale
di meschinità e sorprese

Dopo la sera della festa non sentii Caterina per parecchio tempo. Ero offeso, arrabbiato e anche deluso dalla sua mancanza di orgoglio. Poi non avrei saputo che dirle, in effetti sentirla per parlare di quando fosse splendida Lucrezia o per lamentarmi di non essere più libero di scorreggiare sul divano guardando film orribili non mi sembrava una gran mossa. Tendenzialmente, stringendo, non sentivo più di avere qualcosa da dirle.

D’altro canto, Lucrezia aveva la rara capacità di farmi sentire il più grande (e unico) maschio del pianeta, mi faceva sentire desiderato e al centro dell'attenzione, cosa che raramente m'era successa. Mai così a lungo, oltretutto. Per esempio, faceva i salti mortali per passare con me la pausa pranzo (pur lavorando quasi dalla parte opposta della città), mi saltava addosso spesso e volentieri e quasi ogni giorno riusciva a dedicarmi un pensiero particolare o una sorpresa inaspettata, che fosse una cena fuori a sorpresa, un disco che non avevo mai ascoltato o che cercavo da tanto tempo, un massaggio dopocena…

Fra le tante attenzioni che mi dedicava, c'era quello di cucinare per me. Lucrezia era una gran cuoca, aveva talento, fantasia, capacità d'improvvisazione e un'inesauribile scorta di ricette al seguito. Davvero qualcosa di incredibile.

A ripensarci ora mi sento un po’ uno stronzo, perché ad un certo punto, sbottai.

Ricordo chiaramente, ero tornato tardi, estremamente infastidito per una giornata di lavoro di quelle da dimenticare. Quelle dove devi fare anche il lavoro di qualcun altro, in fretta, perché “deve essere tutto pronto per ieri”, ma quello con cui avresti dovuto lavorare è scomparso. Poi l’autobus pieno, minuti interminabili di tragitto sotto un’ascella che non vedeva sapone da mesi, pioggia, l’ombrello che si rompe e arrivi a casa zuppo, con un unico desiderio: metterti in tuta, ciabatte, berti una cosa calda e impersonare l’idea platonica di fallimento sul divano, davanti allo schermo.

Arrivato a casa trovai gente a cena. Amici di Lucrezia e Sonya con cui si festeggiava una qualche ricorrenza del cazzo di Sonya. La cena era pure un po’ fredda perché “scusa, abbiamo iniziato perché altrimenti si freddava tutto e pensavamo arrivassi da un momento all’altro”.

Tutti sembravano star bene, divertirsi, io avrei voluto estinguere la vita sulla terra a furia di meteoriti e cataclismi. L’idea di non avere più un mio spazio mi rendeva sempre più nervoso, sempre più insofferente. M’inventai quindi di avere del lavoro da finire, mi scusai e mi chiusi in camera.

Trenta minuti dopo entrò Lucrezia in camera, cercava una cosa, mi trovo sul letto, con una rivista di musica in mano e le cuffie sulle orecchie. Non disse nulla. Ma nei giorni successivi qualcosa iniziò pian piano a cambiare. Pur continuando ad essere sempre molto presente a tratti riusciva a darmi la sensazione di essere il pensiero di scorta dell'ultimo dei suoi pensieri: poteva scomparire per giornate intere, senza dare alcun segno di vita, dando come spiegazione un semplice “ero impegnata” o “dovevo riflettere” o “poi ti dico”. Poteva chiamarmi dicendo “io sto andando su Marte, parto fra un'ora, vieni o no?” facendomi sentire come un flacone di shampoo, che se ti porti il tuo va bene, ma se te lo scordi non è un dramma, tanto c’è sempre quello dell’albergo...

Erano assenze diverse da quelle di Marta: prima di tutto erano decisamente più sporadiche, benché più profonde e poi perché Lucrezia non mi diede mai l'impressione di dedicarmi esclusivamente i ritagli di tempo, semplicemente (lo capii solo parecchio dopo) pensava così di darmi lo spazio che pensava mi servisse, almeno all’inizio.

Sto divagando. Non sentii Caterina né ebbi sue notizie, per un bel po' di tempo. Lucrezia e Sonya ogni tanto ci riportavano simpatici aneddoti lavorativi su l'Idiota ma nient'altro. Una sera andammo nel famigerato pub chiamato “Il Locale” perché sapevamo ci sarebbero stati degli amici. C'era anche Caterina. C'era anche l'Idiota. Non me ne curai e venne fuori proprio una gradevole serata, evidentemente per tutti tranne che per Loro. Caterina non era mai stata brava a recitare o a nascondere i suoi sentimenti, la sua sorpresa e il suo disagio erano tangibili. Ma davvero impagabile fu la reazione di sconvolta sorpresa de l'Idiota che, evidentemente, era all'oscuro del fatto che io e Nib ce la spassassimo con le sue stagiste preferite e la cosa sembrò dargli estremamente fastidio.

Gli sguardi di quei due furono il motivo principale per cui restai tutta la sera avvinghiato a Lucrezia. Una meschina, ridicola, piccola ma decisamente soddisfacente rivalsa. Ammetto che col senno di poi non fu una cosa particolarmente elegante.

Una volta a casa, Nib disse:

“Sonya mi ha chiesto cos'avesse Caterina contro di noi”
“Quindi non l'ho notato solo io?”
“Penso che anche i muri lo abbiano notato”
“Cos'hai risposto?”
“Ho fatto finta di niente, le ho detto che forse l'Idiota le aveva raccontato di lei e Lucrezia in ufficio e di come facesse il viscido”
“Ah, fa il viscido?”
“Non ti ha detto niente Lucrezia? È una roba assurda, per far di peggio non gli resta che tirare fuori l'uccello in mensa, a quanto pare”
“Interessante, Lucrezia non m'ha detto proprio nulla, ma non c'è stata nemmeno occasione”
“Ma come va?”
“Bene, direi, anche se non sono particolarmente preso, non so perché, ho la sensazione sia un qualcosa a tempo determinato e di prossima scadenza... e, onestamente, è difficile che perdiamo tempo a parlare de l'Idiota...”
Mi guardò strano. Quell'espressione tipica di Nib quando conosce la risposta alla sua domanda e non corrisponde a quello che gli dico. Mi riportò coi piedi per terra:
“Caterina”
“Caterina cosa?”
“L'hai vista poco fa... come va al riguardo?”
“Boh. Spero che lei abbia rosicato però”
“Quindi non t'è passata...”
“Dici?”
“Dai retta a me, non è una cosa che passa”
“Può darsi, in effetti sull'incontro di questa sera ci sto rimuginando parecchio”
“Di sicuro anche lei”
“Con Sonya come va?”
“Va bene come tutte le cose non serie. Io non sono preso, lei non è presa. Ci divertiamo quando ci vediamo ma entrambi cerchiamo altro”
“E ti va bene?”
“Meglio che star soli, no?”
“No”
“Giuro che non ti capisco”
“Dico che è meglio star soli”
“Ma cos'hai che non va?”

“Un fratello con troppo testosterone e stupido come un pezzo di fango”

CAPITOLO 33

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