L’altra sera sono uscito col mio amico Alarico. Andiamo in pizzeria, gli ho detto, già pregustando un locale trasudante sugna sotto l’Aventino. Poi però ho riflettuto, lunedì è giorno infausto per mangiare fuori casa, e il locale della sugna era infatti di riposo settimanale. Ho passato in rassegna buona parte delle mie pizzerie predilette, molte chiuse il lunedì, altre site in quartieri logisticamente da evitare. Poi l’illuminazione, si potrebbe andare da Velavevodetto a Testaccio. Trattasi di pizzeria sita all’interno del monte Testaccio, che come i più istruiti sanno, è un monte artificiale, edificato in epoca romana quando fungeva da discarica specializzata nei cocci (testae in latino) provenienti dal vicino porto fluviale dell’Emporium.
Insomma il locale, come i tanti vicini, è scavato dentro un monte di vasi, vasetti e anfore. Molto suggestivo e con una cucina discreta a prezzi ancora civili.
Arriviamo, entriamo e lo troviamo ripulito e pieno di gente tirata a lucido. Ci trovano un misero tavolo per tre, ci sediamo. Ad attenderci, sulla tovaglia, un’eloquente carta dei vini. Ci vengono portate, come benvenuto, delle bruschette e solo a quel punto apprendiamo la cattiva novella. I sospetti diventano certezza: non è più una pizzeria.
Eccoci. Il segno della decadenza dei tempi, un locale simpatico, caldo e alla mano che si trasforma in un covo attira vecchi arricchiti col vezzo di “mangiave buvino”. Rigatoni alla carbonara a 10 euri. Gricia a 8 e poi ricette un po’ inventate. Il gusto, ammetto, c’è... anche se il fatto che portino i piatti già coperti di formaggio lascia più di un sospetto sulla qualità complessiva delle pietanze.
Odio tutto questo.
E ho pure una voglia malsana di carbonara, adesso.
Nessun commento:
Posta un commento