La fisarmonica sulle prime note di Ribera Edit lo chiama a gran voce, ma è un brano strumentale e lui non si presenta. Anche la successiva In The Morning sembra fatta apposta per lui. Ma c'è un altro. E ti disorienta, come tornare a casa e trovare tua moglie a letto con uno che non sei tu...
E ti senti tradito.
Ma proprio quando pensi che il tradimento sfocerà in un dramma della gelosia da cavalleria rusticana, capisci che in realtà è meglio così. Gahan è elegante quanto Lanegan è sofferto e con la sua gigantesca interpretazione si addentra ad esplorare un territorio a lui avulso e lo sconvolge, lo trasforma, porta l'America a vagare nell'Atlantico naufraga verso le nebbiose sponde d'Albione. E se non ci credete prestate orecchio a un pezzone come “The Presence Of God”.
I Soulsavers ci avevano abituato a Marc Lanegan, alla sua voce sofferta, sporca, profonda e perfetta interprete per esaltare le tinte blues e soul dei dj britannici. Dopo due grandissimi dischi con Lanegan ci imbrogliano e si rivolgono a Dave Gahan. Esatto, QUEL Dave Gahan o vi siete scordati dei Depeche Mode?
L'infamia è sfacciata. Tracce che sembrano scritte per Lanegan (si ascoltino “Longest Day” e “Just Try” a titolo esemplificativo) cantante da un altro, un altro che non c'entra niente. Blues, soul, America folk calda e sudata lasciata nelle mani di un'algida rock star inglese. Pazzia!
E succede che The Light The Dead See sia il disco più bello mai partorito fino ad oggi dai Soulsavers. Con i lavori scorsi si vinceva facile, un Lanegan lasciato a sguazzare nella sua acqua non può deludere nessuno, ma il capolavoro lo ottieni solo rischiando ed è quanto succede con questo stupefacente Lavoro.
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